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_MduL, 26 aprile 2020_
L'altra brutta notizia della quale dobbiamo parlavi oggi, fa riferimento alla Sentenza della Corte di Cassazione, I sezione civile, n. 7668 del 3 aprile 2020 (link in fondo al post), con la quale la Suprema Corte, compiendo un percorso ermeneutico abbastanza tortuoso, si è pronunciata nel seguente modo:
"In caso di fecondazione assistita praticata all’estero, considerato che, secondo la legge italiana, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita “solo le coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi”, implicitamente (ma chiaramente) una sola persona ha diritto di essere menzionata come madre nell’atto di nascita, in virtù di un rapporto di filiazione che presuppone il legame biologico e/o genetico con il nato. Tale restrizione è attualmente vigente all’interno dell’ordinamento italiano e, dunque, applicabile agli atti di nascita formati o da formare in Italia, a prescindere dal luogo dove sia avvenuta la pratica fecondativa."
Ma, per capire la portata dannosa di tale sentenza, è bene inquadrare la situazione.
Dunque, tutto nasce anni fa, allorquando Chiara e Simona, unite civilmente, chiedono il riconoscimento di doppia maternità per la bambina partorita da Chiara, dopo il ricorso in Spagna alla fecondazione eterologa.
L'ufficiale di Stato civile del comune presso il quale le due donne avevano avanzato la richiesta, si è rifiutato di registrare la minore come figlia di entrambe e da qui, la coppia ha fatto ricorso al Tribunale di Treviso.
Tribunale che, a sua volta, ha respinto la richiesta delle due donne, quindi non ha intimato all'ufficiale di stato civile di provvedere e la piccola è rimasta registrata come figlia solo di Chiara.
A tale sentenza, le due donne si opponevano, adendo la relativa Corte d'Appello, ma, anche in questo caso, i giudici hanno dato loro torto.
Si arriva così in Cassazione, dove le due donne depositano il loro ricorso, per sentire i Supremi Giudici pronunciare una sentenza loro favorevole, che possa consentire la registrazione all'anagrafe del comune di residenza e, quindi, dello stato italiano della piccola, come figlia di entrambe le donne e non solo di Chiara.
Svoltosi il processo, si ha il pronunciamento con la Sentenza n.7668/2020 testè richiamata, con la quale la Corte di Cassazione arriva a denegare tale diritto alle due donne (confermando le precedenti pronunce del Tribunale e della Corte d'Appello), ribadendo in motivazione "la differenza netta fra l'adozione di un bimbo da parte di una coppia gay e il riconoscimento dopo la Pma (Procreazione medicalmente assistita)".
L'adozione - dice la Cassazione - non è finalizzata a dare un figlio a una coppia, bensì una famiglia a un minore che non ce l'ha. La Procreazione assistita, invece, realizza le aspirazioni genitoriali e quindi è "ragionevole" che il legislatore voglia per il bebé quelle che sembrano, in astratto, "le migliori condizioni di partenza".
E quali sarebbero le migliori condizioni di partenza? Una madre ed un Padre, 'ca va sans dire'.
Senza parole.
MduL
Fonti:
Articolo cartaceo "Due madri e un bebé? La Cassazione dice di no" di Claudia Arletti per la sezione Bioritmi del settimanale "Il Venerdi" del 17 aprile 2020, edito da Repubblica.
La Sentenza Corte di Cassazione, I sez. civ., 3 aprile 2020, n. 7668 (Massima e Testo) la potete trovare QUI, sul sito neldiritto.it
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