Ultimo aggiornamento il 24 marzo 2024

Sarah Hijazi: la meravigliosa "Super comunista, super gay, super femminista", arrestata al Cairo, per aver sventolato una bandiera arcobaleno, non ce l'ha fatta e si è suicidata

Sarah Hijazi con la bandiera arcobaleno al concerto dei Machrou Laila, il 22 settembre 2017, al Cairo (foto repubblica.it)
_MduL, 21 giugno 2020_

Questa è davvero una brutta notizia da dare, una notizia che ci colma il cuore di strazio e di dolore e che, contestualmente, riesce a farci provare una rabbia incredibile.
La notizia è presto detta: Sarah Hijazi (in altre fonti Hegazy), una ragazza, una donna, di 30 anni, egiziana, "Super comunista, super gay, super femminista" - come lei stessa amava definirsi - ed attivista dei diritti Lgbtqi, si è suicidata perché non ha retto il peso di ciò che le è accaduto in patria.
E le è accaduto l'inconcepibile, l'incredibile, l'esecrabile...è stata arrestata ed è finita in prigione, per due mesi, solo perché, il 22 settembre 2017, al Cairo, mentre assisteva ad un concerto dei Machrou Laila (il cui front-man è dichiaratamente gay ed a favore dei diritti lgbtqi), ha 'osato' sventolare una bandiera arcobaleno!!.
A quel concerto del Cairo, già digerito male dalle autorità - civili e religiose - egiziane, vista, come detto, la componente di rispetto lgbtqi che portava avanti la band, è bastato sventolare una bandiera per essere fatti oggetto, tra tanti, delle attenzioni e delle ricerca della polizia, la quale, dopo aver visionato tutti i filmati, è arrivata a fermare, tra i partecipanti al concerto, ben 70 persone ed ha trattenuto, poi, essendo i più esposti e visibili, proprio Sarah Hijazi che sventolava la bandiera ed il suo amico, Ahmed Alaa. Ricercata, poi, una terza ragazza che, però, è riuscita a sfuggire all'arresto, nascondendosi tra gli amici e cambiando casa e nascondiglio in continuazione...

Sarah Hijazi (foto globalist.it)
Ma torniamo a Sarah, la quale, in particolare, a causa delle forti inistenze del mondo 'religioso' è rimasta in carcere per ben due mesi - per aver sventolato una bandiera - e lì è stata fatta oggetto di violenze fisiche e psicologiche (alcune fonti parlano chiaramente e specificatamente di stupro, per punirla del fatto di essere lesbica) sia da parte degli agenti che, si dice, delle stesse detenute.
Violenze, continuate, suo malgrado, anche una volta uscita dal carcere, dove ha trovato ad attenderla lo stigma sociale e religioso che non ha perso occasione per rinfacciarle il suo essere lesbica ed il suo 'meritorio' arresto perché andava contro il credo religioso (credo religioso deciso ed interpretato da chi? Ma, lasciamo perdere, non vorremmo mancare di rispetto a nessuno ed in questo momento, di sicuro, finiremmo con il farlo...). Violenze che l'hanno portata, infine, a richiedere asilo in Canada, dove si è tolta la vita, lasciando così tutti i suoi più cari affetti e la sua famiglia.

Il biglietto d'addio (foto Globalist.it)
Tanto/Troppo il carico emotivo per riuscire comunque ad andare avanti. La piccola/grande Sarah, lontana da casa, senza più nemmeno la madre - che, per inciso, non è nemmeno riuscita a salutare prima della sua morte - e senza più la sua città ed i suoi amici, non è più riuscita a trovare uno scopo per vivere ed ha deciso di andarsene.
Queste le sue ultime parole, lasciate al fratello con un piccolo e scarno bigliettino che, in esso, racchiude tutta una vita: "Ai miei fratelli: ho provato a sopravvivere ma ho fallito. Ai miei amici: l'esperienza è stata dura e io ero troppo debole per lottare. Al mondo: sei stato davvero crudele, ma io ti perdono". 
E, come ultimo messaggio sui social, posta una foto che la ritrae distesa su un prato in una giornata di sole, con la seguente didascalia: "Il cielo è più bello della terra! E io voglio il cielo e non la terra".

Per saperne di più, tra i tanti articoli, di tutte le maggiori testate che hanno scritto di questa vicenda, vi rinviamo all'ottimo articolo di Sara Ahmed scirtto per repubblica.it/MicroMega del 17/06/2020, dal titolo "Quella bandiera arcobaleno e una vita spezzata", dove troverete tutto ciò che c'è da sapere.

Buon viaggio, allora, Sarah, ci mancherai.
...e, Grazie di tutto...
MduL



Fonti:
Articolo "Egitto, attivista Lgbt suicida dopo gli abusi subiti" di Francesca Caferri per repubblica.it del 15/06/2020;
Articolo "Quella bandiera arcobaleno e una vita spezzata" di Sara Ahmed per repubblica.it/MicroMega del 17/06/2020;
Articolo "Si è uccisa Sarah Hijazi: l'attivista Lgbt violentata nelle carceri egiziane perché aveva sventolato la bandiera arcobaleno" su Globalist.it del 15/06/2020;

Si segnala, comunque, la presenza della notizia, su tutti i maggiori quotidiani online, così come pubblicata la scorsa settimana. Potete, dunque, scegliere liberamente di leggerla nel giornale che più vi aggrada.

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