La meravigliosa avventura
dei libri
LESBO PULP
Prima di tutto, visto che questo
non è né un romanzo né un giallo ma un semplice articolo, chiariamo subito di
cosa stiamo parlando.
Si definiscono libri “pulp fiction” (Quentin
Tarantino permettendo!) tutti quei libri che erano stati creati subito dopo la
seconda guerra mondiale, con materiale di scarto e carta scadente, destinati a
durare non più di un anno e per questo venduti al prezzo “politico” di 25
centesimi nei drug stores, stazioni, supermercati e grande distribuzione in
genere, negli USA ed in Canada. Insomma, la qualità dei materiali di questi
libri era pessima, per questo vennero definiti “pulp fiction” (dove “Pulp”, in
inglese, “è la pasta con cui si fanno i libri; e "pulp fiction" significa
romanzo da quattro soldi, alludendo alla qualità scadente della carta con la
quale si stampano i tascabili, ma anche alla distinzione tra "alta" e
"bassa" letteratura”. – definizione presa dalla recensione di Rosanna
Fiocchetto al libro Lesbo pulp (2003) di Ann Bannon inserita il 01/05/2005 nel
sito http://www.culturagay.it/cg/recensione.php?id=11012 ed originariamente
edito in L'unità online del 20/22/2003). Nel contesto del genere
pulp fiction, poi, i libri che trattavano specificamente di amori lesbici vennero
definiti libri “lesbo pulp”.
In questi libri, il titolo, così
come la copertina, venivano decisi solo dall’editore e la politica editoriale
era che sia l’uno che l’altra dovessero essere i più suggestivi e trucidi
possibile!. Tipo così:
La trama, poi, se coinvolgeva
amori lesbici (ed anche gay) non poteva giammai prevedere un lieto fine: una
delle due donne doveva per forza morire, suicidarsi, impazzire o simili,
altrimenti i libri, che finivano nella grande distribuzione tramite le Poste
statunitensi, avrebbero potuto essere bloccati proprio alla spedizione. A quei
tempi, infatti, era prevista la possibilità del sequestro del materiale che
trattava di omosessualità in termini positivi e felici!. L’unica che in quegli
anni è riuscita a far finire bene almeno qualche libro è stata proprio Ann
Bannon (se bene può intendersi per “bene”, il fatto che non moriva nessuno),
escludendo in questa sede i due “veri” libri lesbici (non pulp) pubblicati in
quello stesso periodo, che avevano entrambi un lieto fine: “Desert of the
Heart” (Cuori nel deserto) di Jane Rule, del 1964 e “Mrs. Stevens Hears
the Mermaids Singing” (Ho sentito le sirene cantare) di May Sarton, del
1965 [da cui sono stati tratti i due film dal titolo omonimo – vedi schede
infra].
LE PRINCIPALI SCRITTRICI DEL GENERE LESBO PULP SONO:
(a) Tereska
Torres. La prima autrice del genere Lesbo pulp con il suo
libro “Women’s barracks”, basato sulla sua esperienza di guerra
(b) Ann
Bannon (Ann Weldy, nata nel 1932) ha scritto sei romanzi
lesbo pulp, tra il 1957 ed il 1962, noti come la serie “The Beebo Brinker
Chronicles”. I titoli sono: “Odd Girl Out” (1957); “I Am a Woman” (1959);
“Women in the Shadows” (1959); “Journey to a Woman” (1960); “The Marriage”
(1960); “Beebo Brinker” (1962)
(c) Valerie
Taylor (Velma Nacella Young 1913–1997) ha scritto otto
romanzi di questa serie, tra il 1957 ed il 1964, editi dalla Gold Medal Books
(i primi tre) e dalla Midwood-Tower (altri tre). I titoli di sei di questi
sono: Their Love (1957); The Girls in 3-B (1959); Stranger on Lesbos (1960); A
World Without Men (1963); Unlike Others (1963); Journey to Fulfillment (1964)
(d) Marijane
Meaker (nata nel
1927) ha scritto libri pulp fiction con lo pseudonimo di Vin Packer e di Ann
Aldrich. In seguito scriverà anche sotto il nome di M.E. Kerr e di Mary James
dei libri per ragazzi. Tra i titoli che qui interessano, tutti editi dalla Gold
Medal Books: Spring Fire (1952); We Walk Alone (1955); We Too Must Love (1958);
Carol in a Thousand Cities (1960); We Two Won't Last (1963); Take a Lesbian to
Lunch (1972)
(e) Marion Zimmer Bradley (1930–1999), diventata poi famosa per le serie fantastiche di “Avalon” e di “Darkover” e non solo, ha scritto sotto diversi pseudonimi: I am a Lesbian (1962), come Lee Chapman; No Adam for Eve (1966) come John Dexter; My Sister, My Love (1963) come Miriam Gardner; Twilight Lovers (1964) come Miriam Gardner; The Strange Women (1967) come Miriam Gardner; Spare Her Heaven (1963) come Morgan Ives; Anything Goes (1964) come Morgan Ives; Knives of Desire (1966) come Morgan Ives
(Marion Zimmer Bradley e, in alto, i tre libri scritti
come Miriam Gardner –
Sotto, i libri scritti come Morgan Ives [2] - Lee Chapman - John Dexter)
Sotto, i libri scritti come Morgan Ives [2] - Lee Chapman - John Dexter)
(f) Sloane
Britain Un’altra
prolifica autrice di paperback lesbici fu Sloane Britain, il cui destino è per
certi versi emblematico. Dopo aver scritto parecchi pulp di successo negli anni
dal 1959 al 1963, presa nell’ingranaggio dell’industria dei paperbacks, cadde
in una profonda depressione. Si sentiva vittima di un sistema editoriale che le
chiedeva soltanto di sfornare romanzi popolari e il suo timore era di non
riuscire ad esprimere il suo vero talento narrativo, dal momento che le sue
energie creative erano sfruttate a fini commerciali. Si suicidò nel suo
appartamento di New York nel 1964.
Il suo romanzo di debutto, First
Person… 3rd Sex, uscì nel 1959: “…il romanzo ben scritto di una giovane
insegnante che giunge, attraverso amare esperienze, ad accettare la sua natura
lesbica… un buon tascabile, che avrebbe meritato più di quanto ha ricevuto”. I suoi libri sono: First person 3rd sex; The
Needle; Meet Marylin (1960); These Curious Pleasures (1961); Woman Doctor
(1962): Insatiable (1963).
(g) Patricia
Highsmith. Anche questa scrittrice ha scritto libri lesbo
pulp, tra tutti il libro “The Prince of Salt”, poi rinominato “Carol”. Lei e
l’autrice Marijane Meaker sono state
insieme per alcuni anni, agli inizi degli anni ’60.
(Patricia Highsmith più giovane -
copertina libro - la Highsmith anziana)
- * - * - *- * -
Ecco, una volta fatta questa,
secondo me necessaria, premessa, vi posso lasciare al bel saggio scritto su
questo argomento da Marisaporello. Buona lettura!.
In questa parte dell’articolo si riporta
il testo del già ottimo saggio “Breve storia della pulp fiction lesbica”
(sottotitolo: “Breve storia della pulp fiction lesbica negli Stati Uniti” di
Marisaporello, pubblicato in tre puntate nei numeri 110-111-112 del 2004 su
Leggere Donna, il bimestrale di Luciana Tufani e riportato nel sito dell’autrice,
qui: http://marisaporello.wordpress.com/la-macchina-per-scrivere/breve-storia-della-pulp-fiction-lesbica/
LA STORIA DEL LESBO PULP
Verso la metà del secolo scorso,
negli Stati Uniti, in un contesto sociale mutato in profondità a causa della
seconda guerra mondiale e grazie alla concomitanza di più circostanze, nasce e
si sviluppa un fenomeno assolutamente nuovo nel panorama editoriale mondiale:
il pulp letterario.
Nella produzione editoriale
americana, la letteratura popolare, con i suoi contenuti leggeri o drammatici,
era sempre esistita: nel 19° secolo gli story-papers, all’inizio del 20° le
dime novels e i magazine all-fiction.
Ma il primo tascabile vero e proprio, come lo
intendiamo oggi, cioè leggero, con le pagine incollate e non cucite, le copertine
illustrate, e soprattutto venduto ad un costo molto contenuto, nasce nel 1939.
In quell’anno, con la
pubblicazione di “The Good Earth” di Pearl S. Buck presso la casa editrice
Pocket Books, prende l’avvio negli Stati Uniti l’industria dei paperbacks
rivolti al grande pubblico.
Durante gli anni della seconda
guerra mondiale questo tipo di editoria ha uno sviluppo enorme anche grazie
alle scorte di libri per i soldati americani. Il governo degli Usa si prendeva
cura del tempo libero dei suoi ragazzi rifornendoli di ogni genere di fiction,
classica e popolare, d’avventura e d’amore, western, detective-story, mystery.
Questi libri erano leggeri e piccoli e si adattavano alle tasche della divisa
militare: erano nati i tascabili.
Nello stesso tempo si affacciava
sul mercato una nuova platea di consumatori di libri. Durante la guerra era
cresciuta una generazione che aveva preso l’abitudine a leggere e che aveva con
i libri più dimestichezza della precedente. Molte donne che durante il periodo
bellico avevano lavorato fuori casa nei più svariati impieghi, anche al posto
degli uomini, continuarono a farlo. Ma quelle che rientrarono nei ranghi della
normale vita domestica come mogli e casalinghe, grazie agli elettrodomestici,
si ritrovarono con più tempo libero per leggere riviste e libri e guardare la
tv rispetto alle loro madri e alle loro
nonne.
I tascabili, indirizzati ad un
pubblico molto ampio, ad un costo di pochi cents, erano fabbricati con carta
di pessima qualità: da questa deriva il nome pulp, cioè dalla polpa grezza del
legno, non raffinata, non patinata, con cui erano fatti questi libri piccoli e
leggeri. La pessima qualità della carta e della lavorazione li rendeva
anche estremamente fragili. Non erano prodotti per essere conservati, ma fatti
per essere letti e gettati via. I libri diventavano così più accessibili, una
merce che si poteva comprare nei supermercati o ai distributori di benzina.
Persone che mai avrebbero messo piede in una libreria li potevano trovare, con
le loro copertine invitanti, al drugstore o nelle stazioni degli autobus e dei
treni.
Fin dall’inizio nelle collane dei
paperback trova posto di tutto: da Shakespeare e Pearl S. Buck ad Agata
Christie, da Carson McCullers e Tennessee Williams a Gore Vidal a Paul Bowles,
dai primi manuali di psicologia per tutti a romanzi gialli o di crimine,
hard-boiled che parlano di sesso in modo più o meno esplicito.
Il dopoguerra con le sue varie
ansie, la devastante scoperta dei campi di sterminio, l’incubo della bomba
atomica, il subitaneo precipitare nella guerra fredda con la contrapposizione
fra blocchi, la caccia alle streghe in stile McCarthy, fa nascere nel lettore
americano il desiderio di leggere un tipo di fiction che da un lato rifletta le
sue angosce, dall’altro lo aiuti a capire questi fenomeni così nuovi,
inquietanti e strani. Anche da questa ansia postbellica nasce la curiosità dei
lettori verso tutti i fenomeni “queer”: omosessualità, lesbismo, travestitismo,
dipendenza dalla droga, alcolismo, crimini, misteri inquietanti, hanno da
subito grande spazio nella pulp fiction.
La fantascienza, soprattutto,
vero contenitore letterario degli incubi dell’americano medio degli anni
Cinquanta, inizia qui il suo viaggio lungo e glorioso. Inoltre, con la
rivoluzione sessuale ancora lontana, e l’industria del porno-soft e
dell’hard-core proiettata nel futuro remoto, negli anni ’40 e ’50 e fino alla
metà degli anni ’60 i paperbacks rappresentano il luogo ideale per esplorare e
sfruttare filoni che sono ancora tabù nei film, alla radio, o nelle pagine dei
più inamidati hardcover.
Nel 1948 era stato pubblicato il
Report on Sexual behavior in the human male, il cosiddetto rapporto
Kinsey, seguito nel 1953 dal Report on Sexual behavior in the humane female.
Il pubblico americano si trovò di fronte uno studio dal quale si evinceva che
gli uomini e le donne americane non solo avevano i più svariati comportamenti
sessuali, ma anche una certa dose di omosessualità, latente o palese.
Iniziarono a fioccare i libri “psicologici” che dibattevano le conclusioni più
bollenti del Rapporto. Ottima opportunità per sfruttare il filone “sesso” senza
timore di incappare nella censura: infatti un libro non era sottoposto a
restrizioni se voleva essere o se era presentato come uno studio scientifico
serio. Si sa che il sesso è l’argomento che vende meglio e in questo caso si
poteva leggere e parlare di sesso liberamente: si trattava infatti di
“scienza”. Così furono dati alle stampe innumerevoli “studi” scientifici sulla
sessualità, (cor)retta (straight) o deviata in vario modo, provvisti di
terminologie mediche, introduzioni di medici, psicologi, psichiatri, ma che
altro non erano che libri tendenti a sfruttare fino in fondo un filone
redditizio.
Spesso contenevano materiale ben
più scottante dei romanzi. Ecco alcuni titoli che riguardano il lesbismo con i
relativi sottotitoli: La Lesbica nella società – un problema che deve essere
affrontato; Il sesso disturbato – uno studio sulle pratiche fra lesbiche – le
cause, le cure, i casi clinici – riconoscere la lesbica, lesbiche in prigione,
lesbismo fra le giovani, aiuto per le lesbiche, il matrimonio può essere una
cura? Segni e simboli lesbici; Abitudini sessuali di donne single – pratiche
sessuali e fantasie erotiche di donne americane non sposate; La dottoressa – le
confessioni intime di una psichiatra e delle sue pazienti bramose d’amore; e
così via.
Naturalmente l’industria
editoriale seguiva anche tutti gli altri filoni dei nuovi comportamenti, e
foraggiava la voracità del pubblico con storie su delinquenza giovanile, ambienti
beat, droga, comportamenti deviati, stranezze di ogni tipo. Insomma rincorreva
e compiaceva le angosce dell’americano comune, e le sfruttava per il proprio
profitto. Anche per questo motivo i giovani scrittori degli Stati del sud, con
i loro personaggi rifiutati dalla società, nutriti di tragedia assurda e
comicità inverosimile, pieni di grazia e di violenza, ebbero da subito ampio
spazio nell’editoria dei paperbacks.
Fin dall’inizio, da quando la
casa editrice Pocket Books aveva fatto uscire il primo tascabile nel 1939,
erano stati pubblicati molti paperbacks a contenuto lesbico più o meno
esplicito rivolti ad un pubblico popolare.
Negli anni ’40 le case editrici
avevano ripubblicato per lo più opere di autori europei, come Nana di Emile
Zola (1880) che ebbe moltissime edizioni e fu uno dei tascabili più forniti
alle truppe americane, Mademoiselle de Maupin di Theophile Gautier (1835)
e Rebecca di Daphne du Maurier (1938). In questo modo le tematiche
lesbiche venivano relegate nella decadente Europa e situate in un’epoca storica
lontana. Nello stesso tempo però si conquistava quella parte di mercato
costituita da lettori curiosi di questi argomenti.
Negli anni precedenti il 1950
furono pochissime le ristampe di romanzi con contenuti lesbici ambientati in
epoche più attuali: Trio di Dorothy Backer (1943), Promise of love di
Mary Renault (1939), Reform School Girl di Felice Swados
(pubblicato per la prima volta nel 1941
col titolo House of Fury).
Fu dopo il grande successo nelle
vendite del libro di Tereska Torres Women’s Barracks (Caserme Femminili)
che nel 1950 vendette più di un milione di copie, che il filone lesbico conobbe
un vero e proprio fiorire di tascabili. Il successo del libro della Torres
portò nel 1951 alle ristampe de Il pozzo della solitudine di Radclyffe Hall
(1928), Sappho di Alphonse Daudet (1884), Queer Patterns di Lilyan
Brock (1935), The Mesh di Lucie Marchal (1949) e altri. Particolare
menzione merita la ristampa di We too are drifting di Gale Wilhelm,
pubblicato per la prima volta nel 1935, un romanzo di valore superiore alla
media.
Ma l’epoca d’oro dei pulp negli
Usa inizia quando la casa editrice Fawcett comincia a pubblicare libri inediti.
Le vicende che portarono alla più grande novità dell’editoria di quegli anni,
cioè l’”Original Paperback”, sono curiose e vale la pena raccontarle. Fino al
1949 quasi tutti i tascabili erano ristampe di libri pubblicati precedentemente
in edizione rilegata. Fawcett, che aveva capito l’enorme potenzialità del
mercato, voleva conquistarsi la sua fetta della torta, ma a causa di un
contratto con la casa editrice Signet non poteva pubblicare le proprie
ristampe. Nello stendere il contratto però Signet non si era reso conto di una
lacuna: non si faceva cenno di libri inediti. Fawcett utilizzò questa
imperfezione del contratto per creare un tipo completamente nuovo di narrativa,
quale non si era mai visto prima: avrebbe pubblicato in brossura libri che non
erano mai stati editi. Anche fisicamente questi libri erano fatti per attirare
l’attenzione: il dorso giallo acceso li faceva risaltare fra gli altri libri
(un espediente che molti poi copiarono) e le illustrazioni sulle copertine
erano sempre ad effetto. Con un mercato potenziale enorme di fronte, e ansioso
di conquistarlo, Fawcett agiva in modo deciso: offriva anticipi di due o
tremila dollari a chiunque gli fornisse un libro nuovo e gli scrittori
arrivavano a frotte. Alcuni erano autori affermati, ma moltissimi erano
esordienti. Fra questi, Vin Packer e Ann
Bannon.
Gold Medal era una delle collane
della Fawcett specializzata in magazine e pulp, e in questa collana verranno
editi i più gloriosi libri di pulp fiction lesbica. Infatti nei suoi “Original
Paperback” Fawcett poteva includere tematiche lesbiche a piacimento, cosa che
nelle ristampe chiaramente non poteva fare e, questione cruciale, avere il
controllo sul materiale edito. In questo modo nei suoi libri poteva trattare di
soggetti molto controversi ma che erano anche gli argomenti più richiesti dal
mercato, e fare in modo che il contenuto aderisse agli standard morali della
Commissione Parlamentare istituita nel 1952, il Select Committee into Current
Pornographic Materials.
Il nuovo filone degli Original
Paperbacks creò grandi opportunità per le donne scrittrici, fra le quali vi
erano molte lesbiche, che altrimenti non sarebbero mai riuscite a pubblicare un
libro in edizione rilegata presso case editrici più importanti. Certo dovevano
rimanere nei rigidi schemi imposti dal genere e dagli editori, non dimostrare
troppa simpatia, e soprattutto fare in modo che le protagoniste dei loro
romanzi finissero male, perché altrimenti il libro poteva essere accusato di
apologia di comportamenti deviati. Nello stesso tempo però avevano
l’opportunità di descrivere con realismo ed empatia la vita delle lesbiche alle
prese con i problemi di sopravvivenza in una società soffocante, durante anni
problematici e di grande repressione. Molto spesso utilizzavano pseudonimi,
come ha fatto anche Patricia Highsmith, per evitare di essere
etichettate. Infatti nel mirino del senatore McCarthy, subito dopo i comunisti,
c’erano omosessuali e lesbiche, e portare questo marchio, tra gli altri disagi,
poteva rendere molto difficile riuscire ancora a pubblicare. Gore Vidal fu
messo sulla lista nera per il suo The City and the Pillar e dovette scrivere
per molti anni con un altro nome.
Ma nelle loro storie, molto più
che nei romanzi scritti prima della guerra o addirittura nel secolo precedente,
le lettrici lesbiche potevano finalmente trovare qualcosa che si avvicinava
moltissimo alla loro vita di tutti i giorni, e incontrare personaggi che
parlavano il loro stesso linguaggio. Molte lesbiche si indirizzarono verso
questo genere di letteratura pulp perché essa costituiva l’unica fonte di
affermazione della loro identità sessuale. Moltissime scoprirono il termine
“lesbica” proprio leggendo i pulp.
“Il contributo di quei libri era
una parola- la parola lesbica. Dopo che l’ebbi scoperta in quel libro,
cominciai a cercarla” racconta Dorothy Allison nel suo A personal history of
lesbian porn .
Joan Nestle, che è anche una delle fondatrici
degli archivi Lesbian Herstory di New York, i quali possiedono diverse
centinaia di libri pulp lesbici, parla di survival literature, letteratura
della sopravvivenza, una letteratura cioè che ha aiutato moltissime lesbiche a
sopravvivere nei repressivi anni Cinquanta, quando anche solo indossare un paio
di jeans o vestirsi butch poteva voler dire esporsi a insulti e addirittura a
violenze fisiche.
Spesso la lettura di questi libri
di “bassa letteratura” era accompagnata da un senso di vergogna.
Kate Millett esprime bene le
sensazioni ambivalenti che ne derivavano: “Che cosa sono, una specie di Saffo
da giornale scandalistico? La libreria piena di tascabili di storie lesbiche e
sentimentali, li avevo comprati tutti perché erano gli unici libri in cui una
donna baciasse un’altra donna, la toccasse, mi ero stupita di trovare
finalmente in un libro la parte più preziosa della mia esperienza, nero su
bianco. Li tenevo nascosti in un cassetto altrimenti la gente che veniva a
trovarmi avrebbe capito. Per paura che la ragazza alla quale avevo subaffittato
la casa li scoprisse, li avevo bruciati tutti prima di partire per il Giappone.
In realtà mi vergognavo del modo in cui erano scritti, di quelle fantasie melense,
degli orribili cliché, lesbica con il cuore spezzato ammazza il cane, ecc. i
soli fiori nel deserto, erano anche libri grotteschi”.
La stessa Lillian Faderman inizia
la prefazione della sua antologia della letteratura lesbica con queste parole:
“Nel 1956 ero una teenager e cominciavo a pensare a me stessa come
lesbica…cercavo delle descrizioni letterarie che mi aiutassero a capirmi… non
dovevo cercare lontano perché gli scaffali dei libri pulp nel drugstore
mostravano vertiginose schiere di titoli… Ero affascinata …ma volevo “vera
letteratura”, del tipo che leggevo in classe nelle ore di Inglese”.
Certamente la “vera letteratura”
era merce rara, ma c’era ed era vitale e lo dimostra la lunga vita dei titoli
di Ann Bannon, Valerie Taylor, Patricia Highsmith (Claire
Morgan), Marijane Meaker, tutte scrittrici che erano, tra l’altro,
lesbiche nella vita reale (ed anche
quella che diventerà una delle più famose e prolifiche scrittrici di questo
secolo: Marion Zimmer Bradley - aggiunto da me-ndr).
I PRINCIPALI LIBRI LESBO PULP
Nel 1950 Fawcett pubblica nella
collana Gold Medal Women’s Barracks di Tereska Torres.
Tereska era nata a Parigi nel 1921, figlia di ebrei emigrati in Francia dalla
Polonia all’inizio del Novecento. Nel 1940, mentre l’esercito tedesco puntava
su Parigi, si era rifugiata in Portogallo e da qui aveva raggiunto
l’Inghilterra per unirsi all’esercito di de Gaulle. Alla fine della guerra
sposò un giornalista americano, si trasferì negli USA e assieme al marito
contribuì a far conoscere Il Diario di Anna Frank al pubblico d’oltreoceano.
Negli anni Cinquanta scrisse numerosi romanzi a tematica lesbica.
Women’s Barracks racconta degli
anni trascorsi a Londra in una caserma femminile assieme ad altre donne
francesi che, fuggite dalla Francia occupata, avevano risposto all’appello di
de Gaulle aderendo alla Resistenza. Fin da subito l’autrice e le sue compagne
sperano nell’invasione della Francia da parte dell’esercito alleato, ma
dovranno aspettare per ben quattro anni, vivendo nella precarietà e nel
disagio, in comunanza forzata con le altre donne soldato, senza privacy e
sottostando alla dura disciplina militare, preoccupate per la sorte delle
persone care rimaste in patria. Svolgono i lavori più umili, desiderose di
aiutare in qualche modo il proprio paese a liberarsi dall’oppressore nazista,
sognano una Francia libera negli Stati Uniti d’Europa, un mondo senza dittature
e senza guerre, dove le Nazioni Unite sovrintendono al buon governo mondiale.
Scritto negli anni immediatamente
successivi alla guerra e da una donna eterosessuale, Women’s Barracks non si
rivolgeva ad un pubblico di lesbiche, anche se le loro storie occupano una
parte cospicua del libro; era piuttosto stato concepito come un romanzo sulle
donne in tempo di guerra. Ne veniva fuori un quadro di donne giovani e
disinibite, sognatrici e patriottiche, alla ricerca dell’amore anche in una
situazione così difficile, immerse in un’atmosfera di grande libertà, derivata
dal fatto di trovarsi in una condizione particolare, in guerra, lontane da casa
e dalle loro famiglie. Il terrore costante dei bombardamenti, la consapevolezza
della possibilità di venire uccise, il senso di pericolo incombente, sembrano
allentare in qualche modo le inibizioni sociali e rendere più libera e
spregiudicata l’esperienza dell’amore e delle relazioni, anche sessuali.
Naturalmente, in mezzo a tante donne, alcune sono bisessuali o hanno rapporti
lesbici e le loro storie vengono presentate come abbastanza comuni. Nel libro
la Torres non vi pone l’accento in modo particolare e non vi indugia mai con
intenti spettacolari, anche se ne parla senza inibizioni, senza reticenze né
moralismi, sempre però sotto il segno di una inequivocabile tristezza.
Nel libro vengono descritte
lesbiche come Petit ed Ann, militaresche, dure, gelose, mascoline, prototipo
della butch anni ’50 e cugine prime di Stephen Gordon. Poi c’è la bisessuale
Claude, promiscua, curiosa di tutto quello che è sesso, sempre alla ricerca di
qualcosa di “estremo”; una donna che ha “imparato” a fare la lesbica, come ha
imparato a fumare l’oppio e l’amore di gruppo. È disdegnata come dilettante
dalle lesbiche vere, Ann e Petit, ma è adorata dalla piccola Ursula, che ha
solo diciassette anni ed è disperatamente sola, non ha mai avuto una famiglia
vera, è assetata di affetto e vede in lei una donna sicura di sé, vissuta e
affascinante. Claude la prende sotto la sua protezione, l’aiuta, la difende, e
infine ha con lei una relazione sessuale. Ursula si innamora perdutamente, ma
l’altra la trascura, ha numerose altre avventure, con uomini e donne, è
lunatica, si pente di avere “corrotto” la piccola e quindi la evita,
preferendole altre amiche. Dopo mesi di sofferenza Ursula accetta la corte di
un soldato polacco, guarisce dalla sua timidezza e alla fine impara ad amare il
ragazzo, un giovane ebreo che scrive poesie e sogna di trasferirsi in Palestina
alla fine della guerra.
Women’s Barracks diventa in breve un best seller. Viene
ristampato innumerevoli volte fino al 1964 vendendo qualcosa come tre milioni
di copie.
Nel 1952 il libro finisce nel
mirino della Commissione Parlamentare d’inchiesta per il materiale pornografico
e un responsabile della Fawcett viene chiamato a deporre: secondo l’accusa il
libro conteneva descrizioni troppo esplicite di sesso lesbico. Più in generale,
la convinzione del governo era che l’industria editoriale dei paperbacks stesse
corrompendo la gioventù americana. Se l’accusa di comunismo era stata la prima
motivazione per la persecuzione messa in atto da McCarthy, subito dopo veniva
quella di omosessualità, particolarmente temibile per i dipendenti pubblici e
le persone impegnate nell’esercito dove la “caccia all’omosessuale” era uno
sport sempre più minaccioso. Centinaia di persone erano state costrette, con
accuse vere o false, a lasciare il lavoro, abbandonare carriere promettenti e
vedere la propria vita privata rivoltata come un calzino davanti agli scagnozzi
del senatore.
Per capitalizzare l’enorme
successo che il libro della Torres aveva avuto, l’editore Dick Carroll della
Fawcett pensò di chiedere ad una sua segretaria, Marijane Meaker, che scriveva
anche per il Ladies’ Home Journal, di confezionargli un romanzo che avesse per
protagoniste delle lesbiche. L’unica limitazione posta era che non doveva avere
un lieto fine per non incorrere nuovamente nei fulmini della censura: non
bisognava assolutamente dare l’impressione di promuovere comportamenti deviati.
Quindi, anche se nel romanzo potevano esserci romanticismo, amore e un po’ di
sesso, alla fine le protagoniste dovevano pagare caro la loro temerarietà.
Così nel 1952 esce Spring fire
di Vin Packer (uno degli pseudonimi di Marijane Meaker, assieme
ad Ann Aldrich, M.E. Kerr, Mary James) e ha un successo immediato. La vicenda è
ambientata all’interno di un college, dove la nuova arrivata, la mascolina
Mitch, si innamora della popolare Leda, sua compagna di stanza. Leda è bisessuale e l’avverte di non
affezionarsi troppo a lei, perché se la bisessualità è tollerata, lo stesso non
avviene per la pura omosessualità. Ma Mitch è troppo innamorata per seguirne i
consigli e a poco a poco anche Leda comincia a ricambiare il suo amore. A
questo punto arrivano i guai, come l’editore aveva ordinato. Le due ragazze
vengono scoperte e Leda non sopporta lo stigma imposto dalla società del college,
la perdita di popolarità e il fatto di essere diventata agli occhi di tutti una
pervertita. Ha un esaurimento nervoso e finisce in manicomio mentre Mitch
rientra nei ranghi e si sposa. Il finale è tragico, ma il libro lascia
intendere molto bene quanto fosse diffuso in quegli anni il lesbismo nei
campus, dove le lesbiche non solo potevano riconoscersi e accettarsi ma anche
avere una sana relazione d’amore, pur in un ambiente ad “eterosessualità
obbligata”. Nel racconto le due protagoniste alla fine assumono la connotazione
di vittime della cattiveria dei “normali” e dell’intolleranza di una società
ingiusta. Gli individui retti, gli straight, oltraggiando le poverette con il
loro odio, fanno la figura dei carnefici.
Centinaia di lettrici lesbiche di
ogni parte degli Stati Uniti scrissero alla Aldrich chiedendole altri romanzi
con tematiche attuali e attinenti alla realtà. Si identificavano con i
personaggi che nei libri affrontavano
gli stessi loro problemi e desideravano così fortemente una rappresentazione
normale e positiva del lesbismo che avevano imparato come leggere questi
romanzi, senza cadere nel trabocchetto costruito dagli editori per compiacere
la Commissione. Erano abilissime nello scovare simpatie sottotestuali in libri
spesso omofobici e misogini e aspettavano con ansia i nuovi romanzi degli
autori che meglio sapevano esprimere, anche se in codice, simpatia per il loro
tipo di vita.
Sempre sotto il nome di Vin
Packer nel 1958 esce il romanzo The evil friendship, ispirato al caso
Parker-Hulme, sul quale nel 1994 è stato girato il film Creature del Cielo,
Leone d’Argento a Venezia, del regista Peter Jackson, con Kate Winslet.
Marijane Meaker, quando voleva
scrivere di lesbismo sotto forma di indagine sociologica, storica o letteraria,
utilizzava il nome Ann Aldrich.
We walk alone (through Lesbo’s lonely
groves), sempre di Ann Aldrich, è del 1955 e lei stessa
ce lo presenta come “Uno studio della lesbica, scritto da una lesbica… frutto
di quindici anni di presenza nella società come donna omosessuale”. Lo scopo
dell’autrice è di “rispondere a un bisogno di chiarezza e informazione su
questo soggetto… con la speranza che questo libro favorisca una comprensione
maggiore… per rincuorare quegli omosessuali che, come me, stanno cercando
onestamente di risolvere i loro problemi nella vita di ogni giorno”. Il libro è
diviso in sedici capitoli, e c’è davvero di tutto. L’autrice inizia
sottolineando quanto sia arduo, se non impossibile, identificare o descrivere
la lesbica, perché “non ci possono essere definizioni, formule, modelli che
possano accuratamente caratterizzare la donna omosessuale” e quindi “la lesbica
può essere qualsiasi donna”. Esamina poi le cause per cui una ragazza diventa
gay; classifica le lesbiche in butch e femme, latenti, represse, bisessuali,
quelle a cui piace flirtare e quelle che vogliono soltanto avventure di una
notte, quelle che hanno una sola storia ma che dura molti anni o tutta la vita,
e quelle che non hanno mai avuto esperienze. Seguono brevi racconti che vedono
per protagoniste le lesbiche del Greenwich Village e ne viene descritto
l’ambiente, con le abitudini, le feste, i cocktails, il travestitismo, i
rapporti fra donne e uomini gay. Qua e là l’autrice ci fa incontrare Saffo,
Kinsey, Havelock Ellis, Krafft-Ebing, Freud, Anais Nin, Djuna Barnes e Simone
de Beauvoir. Disquisisce sulla donna clitoridea e sulla donna vaginale, sui
dildo, sul sadismo e sul masochismo. Passa in rassegna la legislazione di ogni
Stato dell’Unione contro i reati di sodomia, omosessualità e lesbismo. Espone i
motivi per cui le lesbiche, solitamente, hanno la tendenza a bere troppo, fino
a diventare alcolizzate. Racconta di quelle che hanno deciso di andare in
analisi, quelle che si sono procurate un matrimonio di copertura, quelle che
hanno un tale desiderio di maternità da rinunciare al loro lesbismo e
sublimarlo nel rapporto con la loro creatura e quelle che interpretano il ruolo
di maschio fino al punto di farsi mantenere dall’amate prostituta o cantante di
night. Dopo averci condotto con partecipazione e passione in questo viaggio
affascinante e tenebroso nel lesbismo dall’epoca antica alla società
contemporanea, esaminando ed esponendo le più recenti (per il 1955) teorie
psicoanalitiche sul “problema” omosessuale, la Aldrich colloca alla fine i capitoli:
“Può una lesbica essere curata?” e “Una parola per i genitori”. Il suo timore,
forse, era quello di aver scritto un libro che sprigionava troppa simpatia e
condiscendenza.
Dopo il grande successo di questo
saggio Ann Aldrich, che ha ricevuto moltissime lettere di donne che la
ringraziano, la incoraggiano, le chiedono spiegazioni psicologiche e le
raccontano la storia della loro vita, prontamente ne confeziona il seguito e
nel 1958 esce We, too, must love. Il nuovo libro è diviso in dodici
capitoli che riprendono e approfondiscono alcuni temi trattati nel precedente.
Descrive il modo di vestire delle lesbiche ricche e quelle povere, i loro
vezzi, gli accessori che indossano, le manie e le paure; analizza i tipi d’uomo
che le accompagnano: o effeminati o tapini senza arte né parte, timidi e
insicuri; insiste di nuovo sul problema dell’alcolismo (anche per Marijane
Meaker era un problema il troppo bere, e ce ne dà ampia testimonianza nel suo
recente libro sulla relazione che ha avuto dal 1959 al 1961 con Patricia
Highsmith) e sulla validità dei
trattamenti di psicoanalisi. Parla di quelle che decidono di sposarsi e dei
motivi che le spingono a farlo, e delle lesbiche anziane in un capitolo che
intitola I vecchi soldati non muoiono mai (Old soldiers never die). La parte
più interessante riguarda la descrizione degli ambienti newyorchesi del Village
e dell’ Uptown, dove risiedono rispettivamente le lesbiche proletarie e quelle
ricche. Per illustrare i rapporti esistenti fra i due gruppi, che si detestano
reciprocamente, la Aldrich crea una serie di personaggi ispirati alle donne che
conosce. Le lesbiche alto-borghesi partecipano a vernissage e a party in case
private, mentre le proletarie frequentano i locali bui e fumosi del Village,
dove il pericolo di una retata della polizia è sempre in agguato. Ogni tanto le
donne dell’Uptown vi scendono a bere qualcosa e incrociano le altre clienti, ma
vogliono mantenere ben marcate le distanze che le separano da loro e sanno di
suscitare molta invidia. Per le ricche, le lesbiche del Village sono soltanto
delle disgraziate che si travestono da butch e che bevono troppo, vivono ai
margini della società, fanno una fine miserabile e gettano disonore e imbarazzo
sull’intera categoria a causa del loro modo di presentarsi. Le donne che sono
riuscite ad elevarsi e a cambiare ambiente disprezzano quelle che sono rimaste
imprigionate nella vita del Village e nei suoi ruoli stereotipati. Anche i
luoghi per le vacanze estive sono diversi: le comunità ricche frequentano Fire
Island, quelle povere si accontentano di Riis Park. L’autrice conclude con una
selezione di lettere che ha ricevuto, soprattutto dalla provincia, dopo la
pubblicazione del primo libro. Tra le altre, quella di un gay che le domanda di
procurargli una lesbica per un matrimonio di copertura, quella di un genitore
che le parla della vergogna di avere una figlia queer, quella di una
“travestita” sull’orlo del suicidio, quella di una lesbica che vorrebbe
sposarsi, ma ogni volta che il suo “fidanzato” la abbraccia sente solo
l’impulso di graffiargli la faccia.
Le descrizioni di Ann Aldrich
degli ambienti di donne e uomini gay nella New York degli anni Cinquanta sono
accurate e derivano da una conoscenza approfondita e di prima mano. Tutte le
sue protagoniste si sentono queer, strane, e vivono il lesbismo come una
malattia, una situazione anormale della psiche, un’infermità che spesso non si
può “curare”. Lei stessa non è tenera con le sue strange sisters, parte sempre
dal presupposto che essere lesbiche è una specie di condanna e che sarebbe
molto meglio essere straight e non avere questa malattia, anche se in ogni caso
è una patologia a cui nessuna lesbica sembra voler rinunciare. L’atteggiamento
della Aldrich è ambiguo perché, anche se presenta sempre la lesbica (e l’omosessuale)
come componente di una razza a parte dal resto del genere umano o del genere
femminile, cioè un “caso” umano da studiare, si sente di continuo nelle sue
parole il riverbero del compiacimento dell’incurabilità, il piacere che il
lesbismo sia una malattia dalla quale non si possa guarire, e la
partecipazione, la complicità, il divertimento che c’è in questo “dramma”.
Infatti dietro ogni sua espressione di rimpianto per una vita normale, sotto
ogni descrizione dei tipi e dell’ambiente, in tutte le sue parentesi
psicoanalitiche, pare di sentire una voce che dice: <<Mi diverto troppo
in questo modo, perché mai dovrei rinunciarci e avere una vita
“normale”?>>
Nel 1960 Ann Aldrich pubblica l’antologia
Carol, in a thousand Cities. Lei stessa, cioè Marijane Meaker,
ci racconta la genesi di questo titolo nel suo Highsmith. Durante i due anni
della sua relazione d’amore con Patricia Highsmith, la Meaker, tra le altre
cose, lavorava a questa raccolta di racconti e saggi brevi sul tema
omosessuale. Pubblicare questo libro era da tempo un suo grande desiderio. Una
sera, parlando dei loro lavori, durante una conversazione:
“Spiegai a Pat che nell’antologia
volevo includere il saggio di Freud Psicogenesi di un caso di omosessualità
femminile, il capitolo La lesbica tratto da Il Secondo Sesso di Simone de
Beauvoir, racconti come La ragazza di Paul di Guy de Maupassant.
- … e che ne diresti dell’ultimo
capitolo di The Price of Salt?
- Sarei in buona compagnia,
rispose la Highsmith.
Poi le sottoposi un’idea che mi
era venuta quando lei era in Texas.
Le citai quella parte dell’ultimo
capitolo del suo Salt, quando Therese sta pensando che ha amato e amerà sempre
e solo Carol, e che …sarebbe stata Carol in mille città, in mille case…
eccetera.
Chiesi a Pat:
- Che ne pensi del titolo Carol,
in a Thousand Cities?
- E’ un buon titolo. Meglio di
The Price of Salt. Vorrei averlo pensato io.
- L’hai fatto, le dissi.”
Con il nome di M.E.Kerr, Marijane
Meaker è un’autrice affermata di libri per ragazzi, ha vinto numerosi premi e molti
suoi lavori sono stati adattati per la televisione. In Italia sono stati
pubblicati quattro romanzi in collane per adolescenti, fra i quali Liberaci da
Evie , edito nel 1998 da Mondadori. Nel racconto, ambientato in
un villaggio del Missouri, M.E. Kerr affronta l’argomento dell’amore fra due
teen-ager, Evie e Patsy. Evie, che frequenta l’ultimo anno delle superiori, è
alta e forte, aiuta i genitori e i fratelli nella loro fattoria, sa aggiustare
i motori e vuole diventare veterinaria. Patsy invece, bella, sofisticata e alla
moda, è figlia dell’uomo più ricco del paese. Le due ragazze si innamorano e
questo fatto le porterà a scontrarsi con i genitori, i compagni di scuola, la
comunità, ma nulla fermerà il loro desiderio di stare insieme, e dopo la fuga
andranno a vivere insieme a New York.
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In questa breve storia della pulp
fiction lesbica dalla fine degli anni Quaranta all’inizio degli anni Sessanta
ho puntato la mia attenzione sui libri scritti dalle donne, trascurando le
centinaia di romanzi prodotti da autori maschi. Fra questi ricordo Harry
Whittington, il cui tema preferito erano le guerrigliere in lotta nei punti
caldi in quel periodo, Cuba e Algeria, e Lawrence Block, il creatore di Matt
Scudder, che iniziò la sua carriera con gli pseudonimi Jill Emerson e Sheldon
Lord.
Molti scrivevano con nomi
femminili, come Fletcher Flora, autore di Strange Sisters (1954), ma alcuni
preferivano utilizzare pseudonimi da cui non si potesse individuare il sesso di
chi scriveva, come Leonard Levinson che, oltre a una decina d’altri nomi, usò
quello di March Hasting. Fra le autrici del periodo d’oro le lesbiche furono
almeno una dozzina con circa cento titoli. A differenza dei loro colleghi, che
spesso scrivevano senza sapere nulla dell’argomento e utilizzavano i soliti
stereotipi, le scrittrici riuscivano a descrivere con partecipazione una realtà
che per qualcuna era vissuta, ma che per molte era solo immaginata o sognata.
-******-
Una delle autrici che fra gli
anni Cinquanta e Sessanta ha avuto più successo è Ann Bannon, nom de
plume di Ann Thayer, riscoperta negli anni Ottanta dalla Naiad, storica casa
editrice femminista americana, e più di recente dalla Cleis Press con la
riedizione dei suoi libri, provvisti di bellissime copertine che riprendono i
temi delle illustrazioni dei pulp dell’epoca. Per ogni libro ripubblicato dalla
Cleis Ann ha scritto una esauriente introduzione in cui ne racconta le origini,
il periodo della sua vita in cui è stato concepito, lo stato d’animo con cui
l’ha scritto, chi l’ha aiutata, la genesi del titolo e della copertina. Ho già
parlato di Ann: la sua intervista è stata pubblicata nel numero di
marzo-aprile, e nella recensione al suo Lesbo Pulp ho raccontato la sua storia.
I cinque romanzi che fanno parte
delle Beebo
Brinker Chronicles sono collegati fra loro dai personaggi.
Nel primo, Odd Girl Out (1957),
facciamo la conoscenza di Laura e Beth, studentesse all’università; le due
ragazze hanno una storia d’amore ma alla fine Beth si sposa con un compagno di
studi. Laura invece viene espulsa dal college e, dopo una ennesima litigata col
padre, approda a New York.
Nel secondo, I Am A Woman (1959)
(l’unico pubblicato in italiano col titolo Lesbo Pulp), Laura comincia a vivere
e a muoversi nel Greenwich Village e, dopo una prima parte interlocutoria,
conosce finalmente Jack e Beebo, con la quale inizia una relazione.
Beebo nasce in questo romanzo
come eroina butch e, in un’epoca di forte caratterizzazione butch/femme, Laura
e Beebo ne rappresentano la perfetta dicotomia. Jack invece è un omosessuale
sentimentale, generoso e pieno di humor ma cinico e amareggiato per le continue
delusioni del mondo gay.
Per questo secondo romanzo,
durante i brevi soggiorni che riusciva a permettersi e grazie all’aiuto delle
sue amiche Marijane Meaker e Sandra Scoppettone, Ann Bannon si era documentata
sugli ambienti gay di New York, immergendosi nelle atmosfere che così bene ha
riprodotto nelle sue storie.
Nel terzo libro della serie, Women in the
Shadows (1959), continuano le vicende di Laura, Beebo e Jack.
L’autrice ammette di averlo scritto in uno dei periodi più bui
della sua vita e il titolo, anche se scelto come tutti gli altri dal suo
editore, riflette il suo momento nero. Ann confessa di aver sfogato sulla povera
Beebo i suoi problemi di menage familiare, esplorando il lato oscuro della sua
eroina butch e la sua terribile volontà di distruzione e di autodistruzione. Il
secondo romanzo era stato quello della gioia e della scoperta di un mondo fino
ad allora solo immaginato, questo invece descrive i lati negativi di quella
realtà: alcolismo, omofobia, confusione, violenza. Jack, stanco della vita gay
del Village, di storie che non durano nel tempo, di incontri con ragazzi che
approfittano della sua generosità, sente il bisogno di un rapporto stabile in
un nucleo famigliare e propone a Laura, in fuga da Beebo, di sposarlo.
Lasceranno il Village, cambieranno ambiente, andranno a vivere lontano dai loro
vecchi amici facendo finta di essere una famiglia come tutte le altre, anche se
solo in apparenza, perché comunque non rinunceranno mai alla loro identità
omosessuale. Jack, che ha un grande desiderio di paternità, riuscirà con molta
fatica a convincere Laura ad avere un figlio e ricorreranno all’inseminazione
artificiale.
Un tema ancora attuale dopo quasi
mezzo secolo. Ann Bannon è lusingata dalle parole scritte da Helen Cixous:
“Questo romanzo ha un importante significato storico. Pubblicato nel 1959,
rompe con lo stereotipo del pulp lesbico anni cinquanta. Tratta di problemi
veri di un rapporto lesbico, come violenza domestica, razzismo, omofobia
interiorizzata…”. E Ann Bannon del suo libro dice: “Pensavo, scrivendola, che
fosse una storia che poteva dare
conforto… c’era violenza, sì, ma per
rendere più drammatiche sia la velenosa influenza negativa del tempo sia la
sofferenza interiore delle donne che l’hanno affrontata e che ne sono
sopravvissute. A volte, nella rabbia per le ingiustizie, indirizzavano la loro
frustrazione verso se stesse e coloro che amavano. Non perché fossero cattive,
ma perché erano ferite e per tali ferite non c’era difesa … c’erano solo gli
amici personali, non c’erano librerie delle donne, non c’era il web, c’erano
solo i bar. Un isolamento inimmaginabile e un mucchio di problemi”.
Nel quarto romanzo, Journey To a
Woman (1960), riappare Beth alle prese con un matrimonio in
difficoltà, due bambini cui non riesce a
dare tutto ciò che viene richiesto ad una madre, il fantasma di Laura che
comincia ad ossessionarla, il desiderio lesbico che si fa sempre più
consapevole ed insopprimibile. Alla fine della ricerca di se stessa e dei suoi
reali desideri, Beth non trova Laura ma Beebo, con la quale vivrà una storia
d’amore. Alla domanda: “Beth sei tu?”, Ann risponde: “…devo ammettere che c’è
molto di me in Beth… e un mucchio di suoi problemi erano i miei” . La Bannon ha
affermato di avere l’intenzione, dopo più di quarant’anni, di raccontare come è
proseguita la vicenda fra Beth e Beebo.
L’ultimo romanzo della serie, Beebo
Brinker (1962), è in realtà un prequel e ci racconta di una
Beebo giovanissima appena sbarcata a New York dal natale paese nel Wisconsin.
Fin dalla prima pagina incontra Jack, un omosessuale reduce della seconda
guerra mondiale, più vecchio di lei di una quindicina d’anni, il quale appena
la vede aggirarsi per le strade del Village le offre il suo aiuto. Diventerà il
suo primo amico, ma scelte diverse li porteranno lontano. I romanzi della
Bannon sono sopravvissuti al boom della pulp fiction, hanno avuto continue
riedizioni (caso abbastanza raro) e l’hanno resa famosa. Sono stati amati da
più generazioni di lesbiche e sono tuttora oggetto di riscoperta, di tesi, di
seminari, perché Ann non li aveva scritti soltanto per vendere, ma li aveva
utilizzati come strumento di ricerca di sé. La forza dei suoi personaggi risiede
nel fatto che la Bannon credeva in loro, li nutriva della sua vita, della sua
immaginazione, dei suoi desideri più segreti e attraverso di loro riusciva ad
agire una parte importante di se stessa che la realtà di ogni giorno le
precludeva.
-******-
Un’altra autrice di pulp che ha
avuto l’onore di essere ripubblicata negli anni Ottanta dalla Naiad Press è Valerie
Taylor, nata nel 1913 ad Aurora, Illinois, è morta nel 1997. Il suo vero
nome era Velma Nacella Young ed è stata non solo una delle più prolifiche
scrittrici di romanzi lesbici, ma anche poeta, saggista, femminista, madre, nonna, Pantera Grigia
lesbica, quacchera praticante. Ha sempre unito alla produzione letteraria la
passione della militante: è stata un’attivista ambientalista, pacifista, antinucleare,
impegnata nel campo dei diritti sociali e nel movimento di liberazione gay (era
chiamata “la nostra nonna lesbica preferita”) e promotrice della Prima
Conferenza delle Scrittrici Lesbiche tenutasi a Chicago nel 1974. Con lo
pseudonimo Valerie Taylor ha pubblicato negli anni ’50 e ’60 i suoi romanzi a
tematica lesbica oltre a racconti,
recensioni e lavori di critica. Ha usato i nomi Nacella Young e Valerie Taylor
per i libri di poesie e Frances Davenport per i romanzi gotici (The Secret of
the Bayou, 1964). Nel 1976 è uscito presso Womanpress Two women: The Poetry of
Jeannette Foster and Valerie Taylor. La Foster, autrice del pionieristico Sex
Variant Women in Literature, era una sua cara amica.
Nel 1982 Naiad ripubblica i tre
romanzi che compongono la trilogia Erika Frohmann Series.
Nel primo, Journey to fulfillment,
Erika Frohmann è una adolescente sopravvissuta ai lager nazisti; ha perso i
genitori e i parenti durante la guerra ed è temporaneamente ospite di un campo
profughi in Svizzera, in attesa di una famiglia che la adotti. Qui vive la sua
prima esperienza lesbica con una ragazza polacca, reduce anch’essa da un campo
di concentramento. Poco tempo dopo la Croce Rossa rintraccia negli Stati Uniti
dei lontani parenti disposti ad accoglierla. Erika, segnata per sempre dalla
sua adolescenza violentata, si trova catapultata nell’opulenza, in un mondo
lontanissimo dalle sue precedenti esperienze, sola fra persone che non conosce.
Si innamora della sorellastra Judy, la quale ha una relazione d’amore con una
compagna di scuola, Peg. In assenza di Judy, Peg le fa la corte e le due
ragazze finiscono a letto. Dopo averlo saputo Judy si vendica su Erika in tutti
i modi, approfittando del fatto che è innamorata di lei, in un rapporto di
crescente sadismo. Riemergono i traumi del passato, le sue ferite inguaribili e
tutta l’ipocrisia, la cattiveria e i problemi di identità sessuale delle sue
coetanee americane. Per fortuna Erika trova in miss Weber, la sua insegnante di
musica, non solo un aiuto per migliorare il suo rendimento scolastico assai
scarso ma anche la speranza per un futuro meno tragico. Miss Weber la
allontanerà dalla famiglia adottiva e l’aiuterà a diventare un’insegnante di
musica lei stessa.
Nel secondo romanzo della
trilogia, A
World Without Men, Erika è ormai una donna indipendente e ha
trovato una sua connotazione butch. Nella squallida pensione dove vive incontra
Kate, una ragazza disperata, alcolizzata e quasi sempre senza lavoro,
traumatizzata da un padre violento e un rapporto incestuoso col fratello, ora
in prigione accusato di omicidio. In preda ai suoi problemi di identità
sessuale Kate si ubriaca per riuscire ad affrontare un appuntamento con un
ragazzo e per strada un’auto la investe. Erika si prenderà cura di lei e
nascerà una storia d’amore.
Il terzo libro, Return to
Lesbos, racconta dell’incontro di Erika con Frances, una donna
da poco arrivata in città, sposata con un uomo naturalmente insopportabile e
con un figlio già grande. Ancora sofferente per i traumi passati e per il fatto
che la sua amante è morta in un incidente d’auto, Erika oppone resistenza
all’amore che da subito la donna le manifesta, ma alla fine si arrenderà e per
lei Frances lascerà il marito. Siamo nel 1963 e i tempi stanno cambiando:
infatti Erika e il suo amico gay, Vince, fanno parte di un gruppo di attivisti
omosessuali che pubblica anche un giornale. Una curiosità del romanzo è data
dall’autoreferenzialità ai pulp: nel negozio di oggetti usati di Vince Frances
trova i libri di Erika e, con la scusa di chiederglieli in prestito, prega
Vince di metterla in contatto con la ragazza. Insomma, galeotto fu il pulp.
Questa autoreferenzialità si trova spesso, anche in Ann Bannon: è un fatto
interessante che dimostra come le autrici avessero ben presente il loro pubblico
di lettrici lesbiche.
Si scoprono citazioni di Beebo
Brinker ancora in Rice and Beans (1989), uno degli ultimi
romanzi in cui Valerie Taylor affronta di nuovo i temi che le stanno più a
cuore: la povertà, l’ingiustizia sociale, il razzismo. Ambientato a Tucson, la
città dove visse gli ultimi anni, fra chicanos, nativi americani e bianchi
poveri che hanno perduto il lavoro o non l’hanno mai trovato, Marty (Martha) e
Thea, le due protagoniste, vivono sulla loro pelle la tragedia della
Reaganomics. Altri titoli della Taylor sono: Love Image (Naiad, 1977), Prism
(Naiad, 1981) (da lei definito “il mio romanzo geriatrico”), Ripening
(Naiad,1988).
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IL FENOMENO DEL LESBO PULP IN ITALIA
Certo, dopo aver letto un così
bello e ricco saggio sul lesbo pulp verrebbe ora da chiedersi: “Ed in Italia?
Quali libri e quali autrici sono state tradotte in questi decenni ?” Risposta:
uno solo!!!!!
Ebbene sì, di tutta la sterminata
letteratura lesbica lesbo pulp da noi, in Italia, è stato pubblicato un solo
libro, alla fine degli anni 2000, e cioè “I am a woman” (il secondo libro della
serie “The Beebo Brinker Chronicles”) di Ann Bannon, con il titolo assurdo di
“Lesbo Pulp” (assurdo perché, ingenera in tutte le lettrici confusione con
l’intero movimento che, come abbiamo detto, in Italia non solo non è stato
recepito ma è passato in sordina).
(La copertina del libro “Lesbo Pulp”/
“I am a woman”, di Ann Bannon)
Ma, anche in questo caso,
concordando pienamente con quanto scritto da altri, riporto integralmente un
estratto della recensione che del libro ha scritto la stessa autrice del saggio
sopra riportato, cioè Marisaporello. Eccolo: << È uscito da poco in
libreria negli Oscar Mondatori Lesbo Pulp di Ann Bannon, e mi è venuto da
gridare al tradimento. Il titolo è ad effetto: Pulp dopo il film di Tarantino è
stato usato ed abusato e lesbo, si sa, ha sempre un grosso impatto. Sulla
copertina c’è la foto (scattata da Bernard of Hollywood, Re del glamour e
fotografo delle dive) di una pin-up bionda avvolta da un copricapo indiano di
piume che le copre tutto il corpo, cioè le copre la schiena e la lascia nuda
davanti. Non capisco cosa c’entri con il contenuto del libro questa immagine,
che era stata anche copiata per una copertina di un magazine americano degli
anni ’50 per soli uomini, Sir. Le parole di richiamo sulla prima pagina, il
cosiddetto blurb, lasciano presagire un racconto porno soft. Apro il libro e
vado a vedere il titolo originale. Non c’è, e non c’è nemmeno il nome della
traduttrice (o del traduttore). Ci sono solo i nomi dei curatori, tali
Berbera&Hyde. Da una rapida ricerca su internet vengo a sapere che costoro,
una donna e un uomo, ideano, gestiscono e producono “progetti di comunicazione
legati all’erotismo, dedicati ad un pubblico colto e sofisticato” (trascrizione
dal loro sito sul web) e hanno curato per la Mondadori gli Oscar dedicati alla
letteratura erotica contemporanea. Inoltre hanno realizzato anche altri
progetti, come lo Spicy tg, quotidiano on-line dedicato all’erotismo. Mi
domando: che cosa ci fa Ann Bannon nelle loro grinfie? Vorranno vampirizzarcela
sotto gli occhi? >> (La recensione,
apparsa anche nel numero 106 del 2003 di Leggere Donna, la puoi trovare nella
sua versione originale, qui:
http://marisaporello.wordpress.com/la-macchina-per-scrivere/recensioni-e-articoli-per-leggere-donna/recensione-lesbo-pulp/)