Il Tribunale di Firenze (il sito di Firenze) |
E' di questo mese la notizia - bellissima! - del riconoscimento anche nel nostro paese dell'adozione ad una coppia formata da due uomini italiani ma residenti all'estero. E' la seconda o terza volta che accade: un tribunale italiano, prima quello di Trento, ora due di Firenze, emette una sentenza che permette ai genitori omosessuali di far riconoscere nella nostra anagrafe civile i figli già registrati come loro in altri paesi. Così facendo, viene superato il problema, ancora presente in Italia, della mancanza di disciplina di tali importanti fattispecie giuridiche. I bambini, quindi, essendo in questo modo riconosciuti come figli della coppia, non necessitano della 'concessione' di alcun atto di adozione (la terribile stepchild adoption).
Ricorderete, infatti, la 'guerra' ai tempi di Alfano Ministro degli Interni, tra componente progressista, che voleva approvare nella cd Legge Cirinnà sulle unioni civili anche il riconoscimento del regime giuridico dei figli nati da coppie omosessuali (o di fatto) e la componente catto-conservatrice, guidata proprio da Alfano che ha assolutamente 'abusato' del suo ruolo istituzionale, che non ha voluto saperne di normare la situazione dei figli nati o nascituri in tali contesti, creando un vuoto che sono costretti a colmare, come sempre, i giudici che devono occuparsene nei singoli casi.
Insomma, non hanno voluto nemmeno il palliativo della stepchild adoption (che avrebbe permesso al coniuge non biologico di poter adottare il figlio dell'altro coniuge), quindi non vi è, ad oggi, in Italia, alcuna norma che disciplini tale delicata materia.
Ma andiamo con ordine e, nella confusione ingenerata anche dai media stessi, oltre che da alcuni esponenti politici ed istituzionali, cerchiamo di capire perché tale sentenze siano così importanti ed innovative per il nostro sistema giuridico e, quindi, per il nostro paese.
Foto dal sito Gay.tv |
A tal fine, utilizziamo il tanto ben scritto articolo "Adozione a due padri gay all'estero: com'è avvenuto il riconoscimento in Italia" scritto da Giuseppina Vassallo per Altalex.it lo scorso 15 marzo 2017.
Per rispetto all'autrice ed alla sua indiscussa bravura, non cambieremo niente dell'articolo, vi basti sapere però che il nodo centrale che ha permesso tale enorme conquista è che <<Il provvedimento di adozione internazionale emesso all’estero in favore di una coppia omosessuale composta da due uomini di cittadinanza italiana, può essere riconosciuto e non contrasta con l’ordine pubblico internazionale, inteso come l’insieme di principi e regole di carattere universale che tutelano i diritti fondamentali dell’uomo, ricavabili dalla Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nonché dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo.
La famiglia deve essere intesa come comunità di affetti incentrata sui rapporti concreti che si instaurano tra i suoi componenti, pertanto deve essere salvaguardato il diritto del minore a conservare lo status di figlio acquisito tramite un atto validamente formato in un altro paese dell’Unione europea.
Il Tribunale per minorenni di Firenze – decreto dell’8 marzo 2017 – ha riconosciuto ad ogni effetto in Italia il provvedimento di adozione emesso nel Regno Unito di due minori, da parte di una coppia omosessuale formata da due uomini cittadini italiani.
I ricorrenti avevano chiesto la trascrizione della sentenza straniera ai sensi dell’art. 36 comma quarto della legge n. 184/1983.
In base a tale norma, l'adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al momento della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, è riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del Tribunale per i minorenni, purché conforme ai principi della Convenzione del 29 maggio 1993 firmata all’Aja per la cooperazione in materia di adozioni internazionali.
Il Tribunale fiorentino non ha ritenuto l’art. 36 4° comma, legato ai presupposti richiesti dalla legge per la validità dell’adozione nazionale, tra cui il requisito di essere “coniugi uniti in matrimonio” (art. 6).
Dalla lettura della norma, secondo il tribunale, si ricava la non applicabilità della disciplina generale sull’adozione, in primo luogo perché questa si riferisce a residenti in Italia e non a cittadini italiani residenti all’estero che adottano in quel Paese.
La coppia italiana che ha iniziato in quel Paese di residenza l’iter per l’adozione è soggetta alla sola normativa di quello Stato.
Pertanto, in materia di riconoscimento di sentenze straniere di adozione internazionale, se gli adottanti sono residenti in Italia, si applicano gli artt. 35 e 36 commi 1, 2 e 3 della legge 184/1983.
Se invece gli adottanti sono cittadini italiani residenti all’estero, il riconoscimento si basa sulla norma speciale di cui all’art. 36 4° comma della stessa legge.
Il problema da affrontare, a questo punto, riguarda la non contrarietà all’ordine pubblico, e in particolare l’interpretazione che la giurisprudenza da del concetto di ordine pubblico secondo il diritto vivente.
Già da tempo la Cassazione, ha fornito un’interpretazione del termine nel senso di non limitarsi all’ordinamento interno, ma di estenderlo alle altre fonti di diritto internazionale.
Si parla, infatti, di ordine pubblico internazionale per indicare quel complesso di principi e regole di carattere universale che tutelano i diritti fondamentali dell’uomo (Cass. Civ. n. 19405/2013).
Secondo la Cassazione n. 19599/2016, il giudice italiano, chiamato a valutare la compatibilità con l'ordine pubblico dell'atto straniero, i cui effetti si chiede di riconoscere in Italia a norma della legge n. 218/1995, deve verificare non se l'atto straniero applichi una disciplina della materia conforme o difforme rispetto alle norme interne (seppure imperative o inderogabili), ma se esso contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, ricavabili dalla Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nonché dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo.
Anche la Corte Costituzionale ha dichiarato che l'art. 117 co. 1 della Costituzione deve essere considerato come un “rinvio mobile” alle disposizioni della Convenzione Europea sui Diritti dell’uomo, nell'interpretazione che ne dà la Corte europea, che costituiscono fonti interposte e vanno ad integrare il parametro costituzionale di riferimento.
In pratica, le norme nazionali devono essere lette e interpretate in maniera conforme alle norme Cedu e in caso di evidente contrasto, il giudice dovrà sollevare questione di legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 117 Cost. (Corte Cost. n. 317/2009).
Il concetto di ordine pubblico va individuato, quindi anche nel caso specifico, sulla base della giurisprudenza CEDU sui diritti fondamentali della persona e sulla tutela della vita privata e familiare (art. 8 Conv.).
La sentenza cita inoltre il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia contenuto nell’art. 9 della Carta di Nizza del 2000, e il diritto a non essere discriminati in base all’orientamento sessuale.
Per la giurisprudenza della Corte EDU, la relazione sentimentale e sessuale tra due persone dello stesso sesso rientra a pieno titolo nel concetto di vita familiare, così come evoluto nella giurisprudenza e nella legislazione dei paesi membri.
Nella decisione Oliari e altri c. Italia del 21 luglio 2015, l’Italia è stata condannata per violazione dell’art. 8 della Convenzione sui diritti dell’Uomo perché considerato non giustificabile il ritardo nel legiferare in materia di riconoscimento e tutela delle unioni omosessuali.
La Legge n. 76/2016 ha riconosciuto alle coppie omosessuali il diritto di costituire un’unione tutelata dall’ordinamento ed equiparabile, almeno sotto molteplici aspetti, al matrimonio.
La famiglia deve essere intesa come comunità di affetti incentrata sui rapporti concreti che si instaurano tra i suoi componenti, pertanto deve essere salvaguardato il diritto del minore a conservare lo status di figlio acquisito tramite un atto validamente formato in un altro paese dell’Unione europea.
Il Tribunale per minorenni di Firenze – decreto dell’8 marzo 2017 – ha riconosciuto ad ogni effetto in Italia il provvedimento di adozione emesso nel Regno Unito di due minori, da parte di una coppia omosessuale formata da due uomini cittadini italiani.
I ricorrenti avevano chiesto la trascrizione della sentenza straniera ai sensi dell’art. 36 comma quarto della legge n. 184/1983.
In base a tale norma, l'adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al momento della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, è riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del Tribunale per i minorenni, purché conforme ai principi della Convenzione del 29 maggio 1993 firmata all’Aja per la cooperazione in materia di adozioni internazionali.
Il Tribunale fiorentino non ha ritenuto l’art. 36 4° comma, legato ai presupposti richiesti dalla legge per la validità dell’adozione nazionale, tra cui il requisito di essere “coniugi uniti in matrimonio” (art. 6).
Dalla lettura della norma, secondo il tribunale, si ricava la non applicabilità della disciplina generale sull’adozione, in primo luogo perché questa si riferisce a residenti in Italia e non a cittadini italiani residenti all’estero che adottano in quel Paese.
La coppia italiana che ha iniziato in quel Paese di residenza l’iter per l’adozione è soggetta alla sola normativa di quello Stato.
Pertanto, in materia di riconoscimento di sentenze straniere di adozione internazionale, se gli adottanti sono residenti in Italia, si applicano gli artt. 35 e 36 commi 1, 2 e 3 della legge 184/1983.
Se invece gli adottanti sono cittadini italiani residenti all’estero, il riconoscimento si basa sulla norma speciale di cui all’art. 36 4° comma della stessa legge.
Il problema da affrontare, a questo punto, riguarda la non contrarietà all’ordine pubblico, e in particolare l’interpretazione che la giurisprudenza da del concetto di ordine pubblico secondo il diritto vivente.
Già da tempo la Cassazione, ha fornito un’interpretazione del termine nel senso di non limitarsi all’ordinamento interno, ma di estenderlo alle altre fonti di diritto internazionale.
Si parla, infatti, di ordine pubblico internazionale per indicare quel complesso di principi e regole di carattere universale che tutelano i diritti fondamentali dell’uomo (Cass. Civ. n. 19405/2013).
Secondo la Cassazione n. 19599/2016, il giudice italiano, chiamato a valutare la compatibilità con l'ordine pubblico dell'atto straniero, i cui effetti si chiede di riconoscere in Italia a norma della legge n. 218/1995, deve verificare non se l'atto straniero applichi una disciplina della materia conforme o difforme rispetto alle norme interne (seppure imperative o inderogabili), ma se esso contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, ricavabili dalla Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nonché dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo.
Anche la Corte Costituzionale ha dichiarato che l'art. 117 co. 1 della Costituzione deve essere considerato come un “rinvio mobile” alle disposizioni della Convenzione Europea sui Diritti dell’uomo, nell'interpretazione che ne dà la Corte europea, che costituiscono fonti interposte e vanno ad integrare il parametro costituzionale di riferimento.
In pratica, le norme nazionali devono essere lette e interpretate in maniera conforme alle norme Cedu e in caso di evidente contrasto, il giudice dovrà sollevare questione di legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 117 Cost. (Corte Cost. n. 317/2009).
Il concetto di ordine pubblico va individuato, quindi anche nel caso specifico, sulla base della giurisprudenza CEDU sui diritti fondamentali della persona e sulla tutela della vita privata e familiare (art. 8 Conv.).
La sentenza cita inoltre il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia contenuto nell’art. 9 della Carta di Nizza del 2000, e il diritto a non essere discriminati in base all’orientamento sessuale.
Per la giurisprudenza della Corte EDU, la relazione sentimentale e sessuale tra due persone dello stesso sesso rientra a pieno titolo nel concetto di vita familiare, così come evoluto nella giurisprudenza e nella legislazione dei paesi membri.
Nella decisione Oliari e altri c. Italia del 21 luglio 2015, l’Italia è stata condannata per violazione dell’art. 8 della Convenzione sui diritti dell’Uomo perché considerato non giustificabile il ritardo nel legiferare in materia di riconoscimento e tutela delle unioni omosessuali.
La Legge n. 76/2016 ha riconosciuto alle coppie omosessuali il diritto di costituire un’unione tutelata dall’ordinamento ed equiparabile, almeno sotto molteplici aspetti, al matrimonio.
Foto dal sito Queerblog.it |
L’altro principio fondamentale da porre alla base delle decisioni riguardanti i minori, è il così detto principio del “best interest of the child”, anch’esso sancito dalle fonti di diritto internazionale sopra richiamate e posto a base delle leggi del nostro ordinamento, a partire dalla legge sull’affidamento condiviso e il diritto alla bigenitorialità, fino alla più recente legge di riforma della filiazione del 2012, in cui sono consacrati tutta una serie di diritti del figlio minore.
Sulla base dell’interesse superiore del minore, la citata giurisprudenza della Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto, in relazione alla fattispecie analoga del riconoscimento di un atto di nascita formato all’estero di un minore nato da coppia omosessuale.
Il riconoscimento e la trascrizione nei registri dello stato civile in Italia di un atto straniero, validamente formato all’estero, nel quale risulti la nascita di un figlio da due donne, non contrastano con l'ordine pubblico per il solo fatto che il legislatore nazionale non preveda o vieti il verificarsi di una simile fattispecie sul territorio italiano, dovendosi avere riguardo al principio, di rilevanza costituzionale primaria, dell'interesse superiore del minore, che si sostanzia nel suo diritto alla continuità dello status filiationis, validamente acquisito all'estero.
Il mancato riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione esistente, determinerebbe una "incertezza giuridica", che avrebbe riflessi negativi sulla definizione dell'identità personale del minore. Altre conseguenze pregiudizievoli sarebbero l’impossibilità di acquisire la cittadinanza italiana e i diritti ereditari o di circolare liberamente nel territorio.
Infine, per concludere l’esame delle fonti e della giurisprudenza, il decreto del Tribunale fiorentino cita la sentenza 11 gennaio 2013, n. 601 della Corte di Cassazione, secondo cui l'affidamento del minore a una coppia omosessuale non è, di per sé, dannoso per l'equilibrato sviluppo dello stesso, dovendo essere provato il danno sulla base di certezze cliniche o massime di esperienza.
Ritenere che l’inserimento di un minore in una famiglia composta da due persone legate da una relazione omosessuale possa avere ripercussioni negative è frutto non di certezze scientifiche o dati di esperienza, ma di un mero pregiudizio.
Nel caso di specie, quanto all’interesse del minore, il tribunale minorile ricava dalla documentazione prodotta, che la coppia si è sottoposta a una lunga e complessa verifica prima di diventare genitori adottivi.
I minori vivono in una famiglia stabile e hanno relazioni con gli altri parenti, frequentano la scuola e coltivano rapporti positivi con i coetanei.
Si tratta, quindi, di una vera e propria famiglia e di un rapporto di filiazione che merita di essere pienamente tutelato.>>
Sulla base dell’interesse superiore del minore, la citata giurisprudenza della Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto, in relazione alla fattispecie analoga del riconoscimento di un atto di nascita formato all’estero di un minore nato da coppia omosessuale.
Il riconoscimento e la trascrizione nei registri dello stato civile in Italia di un atto straniero, validamente formato all’estero, nel quale risulti la nascita di un figlio da due donne, non contrastano con l'ordine pubblico per il solo fatto che il legislatore nazionale non preveda o vieti il verificarsi di una simile fattispecie sul territorio italiano, dovendosi avere riguardo al principio, di rilevanza costituzionale primaria, dell'interesse superiore del minore, che si sostanzia nel suo diritto alla continuità dello status filiationis, validamente acquisito all'estero.
Il mancato riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione esistente, determinerebbe una "incertezza giuridica", che avrebbe riflessi negativi sulla definizione dell'identità personale del minore. Altre conseguenze pregiudizievoli sarebbero l’impossibilità di acquisire la cittadinanza italiana e i diritti ereditari o di circolare liberamente nel territorio.
Infine, per concludere l’esame delle fonti e della giurisprudenza, il decreto del Tribunale fiorentino cita la sentenza 11 gennaio 2013, n. 601 della Corte di Cassazione, secondo cui l'affidamento del minore a una coppia omosessuale non è, di per sé, dannoso per l'equilibrato sviluppo dello stesso, dovendo essere provato il danno sulla base di certezze cliniche o massime di esperienza.
Ritenere che l’inserimento di un minore in una famiglia composta da due persone legate da una relazione omosessuale possa avere ripercussioni negative è frutto non di certezze scientifiche o dati di esperienza, ma di un mero pregiudizio.
Nel caso di specie, quanto all’interesse del minore, il tribunale minorile ricava dalla documentazione prodotta, che la coppia si è sottoposta a una lunga e complessa verifica prima di diventare genitori adottivi.
I minori vivono in una famiglia stabile e hanno relazioni con gli altri parenti, frequentano la scuola e coltivano rapporti positivi con i coetanei.
Si tratta, quindi, di una vera e propria famiglia e di un rapporto di filiazione che merita di essere pienamente tutelato.>>
Con Gioia.
MduL
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