Una mamma lesbica può tenere suo figlio, anche se convive
con la compagna.
Note sulla sentenza della Corte
di Cassazione, sez. I civile, 11 gennaio 2013, n. 601 (pronunciata l'8/11/2012,
è stata depositata l'11/01/2013)
Come al solito, grazie alla
lungimiranza, coraggio e forza di una donna, il Giudice Maria Gabriella
Luccioli, Presidente della I sezione, la Suprema Corte di Cassazione ha
confermato l'affidamento di un bambino alla madre separata dal marito ed ora
convivente con un'altra donna. Si tratta della conferma della decisione della
Corte d’Appello di Brescia di affidare in via esclusiva il figlio minore alla
mamma, a fronte del comportamento pregiudizievole del padre. Il fatto che la
madre abbia un rapporto lesbico con un'altra donna non è di per sé un
impedimento.
Ciò, in quanto, con le parole
della Suprema Corte: "Non risulta
alcuna specificazione delle ripercussioni negative, sul piano educativo e della
crescita dle bambino, dell’ambiente familiare in cui il bambino viveva presso
la madre (...). Alla base della doglianza del ricorrente non sono poste
certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia
dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una
famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo, si da per scontato
ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare
per il bambino, che dunque, correttamente la Corte d’Appello ha preteso fosse
specificamente argomentata."
Ebbene, ha ragione l’Arcigay
quando sostiene che la sentenza non ha precedenti in Italia, ma è pur vero che si
tratta di una decisione che si inserisce in un orientamento della Cassazione
già molto chiaro per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti delle coppie
omosessuali. Sviluppando una linea indicata nel 2011 dalla Corte
costituzionale, che ha riconosciuto la rilevanza costituzionale delle unioni
omosessuali, proprio la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4184 del 2012, ha infatti affermato
che, in specifiche situazioni, alla coppia omosessuale spetta “il diritto a un
trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”.
Dunque, una volta di più, con la
sentenza di ieri, la prima sezione civile della Cassazione che, ricordo, era presieduta
dal giudice Maria Gabriella Luccioli, ha mostrato come sia possibile seguire
con rigore la strada che conduce al pieno riconoscimento dei diritti delle
persone, supplendo così, almeno in parte, all’assoluta inadeguatezza del nostro
sistema politico!.
(Per scrivere questo post mi sono avvalsa del fondamentale contributo dato
dall’articolo scritto su Repubblica il 12/01/2013 scorso, dal – grande - costituzionalista
e giurista Stefano Rodotà)
MduL.