Ultimo aggiornamento il 10 novembre 2024

Una mamma lesbica può tenere suo figlio, anche se convive con la compagna (Sent.Corte Cass. n. 601 del 2013)



Una mamma lesbica può tenere suo figlio, anche se convive con la compagna.
Note sulla sentenza della Corte di Cassazione, sez. I civile, 11 gennaio 2013, n. 601 (pronunciata l'8/11/2012, è stata depositata l'11/01/2013)

Come al solito, grazie alla lungimiranza, coraggio e forza di una donna, il Giudice Maria Gabriella Luccioli, Presidente della I sezione, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato l'affidamento di un bambino alla madre separata dal marito ed ora convivente con un'altra donna. Si tratta della conferma della decisione della Corte d’Appello di Brescia di affidare in via esclusiva il figlio minore alla mamma, a fronte del comportamento pregiudizievole del padre. Il fatto che la madre abbia un rapporto lesbico con un'altra donna non è di per sé un impedimento.
Ciò, in quanto, con le parole della Suprema Corte: "Non risulta alcuna specificazione delle ripercussioni negative, sul piano educativo e della crescita dle bambino, dell’ambiente familiare in cui il bambino viveva presso la madre (...). Alla base della doglianza del ricorrente non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo, si da per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che dunque, correttamente la Corte d’Appello ha preteso fosse specificamente argomentata."
Ebbene, ha ragione l’Arcigay quando sostiene che la sentenza non ha precedenti in Italia, ma è pur vero che si tratta di una decisione che si inserisce in un orientamento della Cassazione già molto chiaro per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali. Sviluppando una linea indicata nel 2011 dalla Corte costituzionale, che ha riconosciuto la rilevanza costituzionale delle unioni omosessuali, proprio la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4184 del 2012, ha infatti affermato che, in specifiche situazioni, alla coppia omosessuale spetta “il diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”.
Dunque, una volta di più, con la sentenza di ieri, la prima sezione civile della Cassazione che, ricordo, era presieduta dal giudice Maria Gabriella Luccioli, ha mostrato come sia possibile seguire con rigore la strada che conduce al pieno riconoscimento dei diritti delle persone, supplendo così, almeno in parte, all’assoluta inadeguatezza del nostro sistema politico!.
(Per scrivere questo post mi sono avvalsa del fondamentale contributo dato dall’articolo scritto su Repubblica il 12/01/2013 scorso, dal – grande - costituzionalista e giurista Stefano Rodotà)
MduL.