Ultimo aggiornamento il 29 luglio 2024

Diritti Lgbtqi+ - Riconoscimento del figlio nato in Italia, con fecondazione assistita praticata all'estero, da parte della madre cd "intenzionale": sollevata questione costituzionale. Denegazione competenza da parte della Corte Costituzionale. Nulla di fatto.

La sede della Corte Costituzionale a Roma (foto concorsando.it)

_MduL, 8 novembre 2020_
Questione importante, quella di cui proveremo ora a parlarvi, che, ad oggi, non ha trovato ancora una soluzione. Ma andiamo con ordine, o, quanto meno, proviamoci, visto che non è agevole riuscire a capire e far capire la dinamica giuridica che sottende alla questione stessa e che i maggiori quotidiani danno per scontata.
 
Istituzioni coinvolte
 
Dunque, sintetizzando e banalizzando al massimo, vediamo quali sono i soggetti istituzionali in campo. Primo soggetto istituzionale coinvolto è il Parlamento, composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica, che ha il precipuo compito di approvare le leggi che vengono proposte principalmente al suo interno o dal Governo (ma non solo, perché ci sono anche altri soggetti istituzionali che possono proporre delle leggi, compresi i cittadini).
 
Secondo soggetto istituzionale coinvolto è la Corte Costituzionale, organo di garanzia istituzionale della repubblica e soggetto terzo rispetto a tutti gli altri ordini. Queste le principali competenze della Corte: (a) dirimere conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, tra lo Stato e le regioni e tra le Regioni stesse; (b) giudicare sulle accuse promosse nei confronti del Presidente della Repubblica e (c) verificare l'ammissibilità dei referendum abrogativi e, soprattutto, (d) verificare la conformità a Costituzione delle leggi, statali e regionali, e degli atti aventi forza di legge (controllo di legittimità costituzionale).
 
Terzo soggetto istituzionale coinvolto è, in questo caso, il Tribunale di Venezia.
 
La procedura
 
Come abbiamo visto al punto (d), la Corte Costituzionale, nell'ambito della sua competenza sul controllo di legittimità costituzionale, è tenuta a verificare la conformità delle 'leggi' alla nostra Costituzione e quindi, più in generale, al nostro impianto costituzionale, che altri organi e/o poteri  sottopongono al suo vaglio.
Ora, nel caso sia il Governo o una Regione a voler sottoporre una legge al controllo della Corte, si avrà il giudizio cd "in via di azione (o principale)", che, in questa sede non ci interessa. Se, invece, a voler conoscere il parere e giudizio della Corte su una legge è un Tribunale, come nel caso che ci interessa, si ha il cd giudizio "in via incidentale" che si svolge nel seguente - schematico - modo:
 
1. nel corso del giudizio, una delle parti, il pubblico ministero od anche lo stesso giudice, d'ufficio, possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza, indicando: a) le disposizioni della legge o dell'atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, viziate da illegittimità costituzionale; b) le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali, che si assumono violate.
 
2. A questo punto, il Giudice, se ritiene la questione di costituzionalità non manifestamente infondata e rilevante per il giudizio (cioè, se pensa che, in effetti, la legge che riguarda la questione in giudizio potrebbe essere in contrasto con la costituzione e/o le leggi costituzionali e se ritiene che senza la soluzione di tale contrasto, non possa decidersi il giudizio), emette un'ordinanza, con la quale solleva la questione e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il giudizio in corso, in attesa del suo pronunciamento.

3. Tale Ordinanza del Giudice, viene quindi trasmessa alla Corte e notificata, oltre che alle parti del giudizio, anche al Presidente del Consiglio e comunicata ai Presidenti di Camera e Senato - se riguarda una legge - oppure al Presidente della Giunta Regionale e comunicata al Presidente del Consiglio regionale interessato - se riguarda una legge regionale.

4. Si arriva, così, alla fase davanti alla Corte Costituzionale, dove, prima di tutto, il Presidente della Corte, una volta ricevuta l'ordinanza del giudice, ne dispone la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e, se occorre, nel Bur delle regioni interessate. 
 
5. Da questo momento, entro 20 gg. dalla notifica dell'ordinanza emessa dal "giudice a quo" (così si definisce il giudice del Tribunale che ha sottoposto la questione alla Corte Costituzionale), le parti del giudizio davanti al Tribunale ed i soggetti istituzionali coinvolti, possono presentare le loro deduzioni
 
6. Una volta trascorso il termine di 20 gg, il Presidente della Corte nomina un giudice per la istruzione e relazione e convoca, entro i successivi 20 gg, la Corte per la discussione.
 
7. Seguiranno, l'udienza e l'istruzione della causa, 
 
8. quindi si avrà la decisione della Corte.


La questione di legittimità costituzionale che ci riguarda
 
Una volta chiarito quali siano i soggetti coinvolti e le rispettive competenze, passiamo ora alla vicenda che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale che ci riguarda.
 
Il caso riguarda una famiglia arcobaleno e, più precisamente, una coppia di donne, sposate civilmente in Italia, che hanno procreato un figlio mediante fecondazione assistita praticata all'estero, partorendolo in Italia. Di questo figlio, la madre cd 'intenzionale' (cioè, quella non biologica), ha richiesto il riconoscimento presso il proprio comune di residenza, facendolo registrare all'anagrafe anche a suo nome, ma tale riconoscimento le è stato negato.
A questo punto, le due donne/mamme, hanno fatto ricorso in Tribunale per ottenere il riconoscimento di tale diritto.
Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Ancora oggi, a più di quattro anni dall'approvazione della legge cd. "Cirinnà" che riconosce le unioni civili, il problema del riconoscimento dei figli nati da tali unioni è rimasto irrisolto e sospeso, non legiferando tale legge su tale aspetto e non essendoci una legge ad hoc che regolamenti la materia. 
Sul punto, ricordiamo, per dovere di cronaca, che tale regolamentazione avrebbe dovuto essere inserita nella legge sulle unioni civili, ma i 5 stelle (oltre alle forze politiche che, da sempre, si oppongono al riconoscimento di tali diritti per le persone Lgbtqi) non lo hanno permesso, volendo lo stralcio di tale parte. Risultato? Siamo senza leggi in materia di tutela dei bambini nati da coppie arcobaleno e su tutto il territorio nazionale vige l''anarchia amministrativa': in ogni comune e regione si agisce in modo diverso ed autonomo. Una coppia omosessuale di Torino, per esempio, può andare in comune a registrare il figlio nato da tale unione senza problemi, se, invece, è una coppia omosessuale di un comune del Veneto o altri, non potrà farlo. Il tutto, lasciato alla discrezionalità interpretativa dei politici locali se non, addirittura, dei singoli funzionari dell'anagrafe civile.
 
 
La fase davanti al Tribunale di Venezia

Tornando a noi. Nel caso che qui ci occupa, le due spose/mamme che si sono viste respingere la loro richiesta per il riconoscimento del figlio anche per la madre non biologica, si sono rivolte al Tribunale competente, e cioè al Tribunale di Venezia.
 
Tribunale di Venezia che, a differenza di altri Tribunali italiani, chiamato a decidere sul ricorso fatto dalle due mamme, non ha riconosciuto loro il diritto alla registrazione coatta dell'atto di riconoscimento del figlio anche per la mamma intenzionale, ma ha sollevato la questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte Costituzionale.
In pratica, il Tribunale di Venezia, ritenendo mancanti e/o non coerenti con il sistema istituzionale le norme di legge in materia, ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale, interrompendo il giudizio in attesa del suo pronunciamento.
 
Questi i dubbi del Tribunale di Venezia e queste le norme sottoposte al giudizio della Corte Costituzionale, con l'Ordinanza di remissione:
 
Allora, prima di tutto, i giudici di Venezia contestavano due norme, la prima contenuta nella legge sulle unioni civili, l'altra nel decreto del presidente della Repubblica riguardante l'ordinamento dello stato civile, che limiterebbero i diritti e gli obblighi delle parti di un'unione civile precludendo la formazione di un atto di nascita con l'indicazione congiunta, come genitori, di due donne.
Il tribunale aveva ritenuto che le attuali norme, nell’escludere la registrazione nell’atto di nascita del bambino come figlio di entrambe, violerebbero i dritti della cosiddetta madre intenzionale e quelli del minore, e determinerebbero di conseguenza un’irragionevole discriminazione per motivi di orientamento sessuale.
 
Così facendo, continua il Tribunale di Venezia nella sua ordinanza di remissione, gli articoli della Costituzione violati sarebbero tre:
a) l’articolo 2 della Costituzione perché nega “il diritto fondamentale alla genitorialità dell'individuo, sia come soggetto singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità". 
b) l’articolo 3 della Carta perché la decisione provoca “una disparità di trattamento basata sull'orientamento sessuale e sul reddito, laddove privilegia chi dispone dei mezzi economici non solo per concepire, ma anche per far nascere il figlio all'estero e richiedere la trascrizione in Italia dell'atto di nascita straniero". 
c) l’articolo 30, perché “l'attuale impossibilità di indicare due madri unite civilmente nell'atto di nascita formato in Italia non rispetta il principio di tutela della filiazione”. 
 
Infine, secondo i giudici veneti, il divieto di iscrizione viola anche la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e la Convenzione di New York sui Diritti del fanciullo.
 
Dunque, il Tribunale di Venezia, con la sua ordinanza di remissione della questione alla Corte Costituzionale è stato chiaro: ha chiesto alla Corte di pronunciarsi sulle incongruenze e mancanze del nostro sistema giuridico sulla materia del riconoscimento dei figli nati da coppie omosessuali.
Ha detto alla Corte, guarda, noi non possiamo decidere se queste due donne possono registrare il bambino come figlio di entrambe e non solo della madre biologica, perché non ci sono norme che prevedono tale diritto. 
La legge sulle Unioni civili (Legge 20 maggio 2016, n. 76, cd 'legge Cirinnà') ed Ordinamento dello stato civile (Regio Decreto 9 luglio 1939, n. 1238 e s.m.i., in particolare, D.Lgs. 19 gennaio 2017, n. 5 e, da ultimo, il DPR 3  novembre  2000, n. 396), infatti, non prevedendo la possibilità di registrare congiuntamente un figlio nato da tali unioni, di fatto, "limiterebbero i diritti e gli obblighi delle parti di un'unione civile precludendo la formazione di un atto di nascita con l'indicazione congiunta, come genitori, di due donne".
 
Da qui, la conseguenza cui giunge il Tribunale e cioè che tale mancanza di disciplina porterebbe alla violazione dei seguenti principi fondamentali della repubblica, espressi nella nostra Carta Costituzionale: il principio in base al quale  «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.» (art. 2); il principio di uguaglianza, in base al quale «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.» (art. 3) ed il principio della 'non discriminazione tra figli naturali e legittimi', in base al quale «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.» (art. 30).
 

La fase davanti alla Corte Costituzionale: la DECISIONE

E cosi, con questi rilievi del Tribunale di Venezia, l'Ordinanza giunge alla fase successiva, che si svolge presso la Corte Costituzionale.
Una volta presa in carico dalla Corte la questione, pubblicata l'ordinanza in Gazzetta, attesi i 20 giorni di rito, discussa la causa, si è arrivati, nelle scorse settimane, alla tanto attesa decisione della Corte. Eccola.

La suprema Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile la richiesta dei giudici di Venezia sul caso di due donne che volevano registrare all’anagrafe come proprio il figlio nato in Italia dopo la fecondazione all’estero.
Ritenuto inammissibile, significa che ha deciso di non decidere. Vediamo perché. 

Per capirlo, facciamo riferimento alle parole del Presidente della Corte costituzionale, Mario Rosario Morelli, esperto di queste temi che ha affrontato molte volte nei suoi anni alla Corte, il quale così si esprime: “Il riconoscimento dello status di genitore alla cosiddetta madre intenzionale - all’interno di un rapporto tra due donne unite civilmente - non risponde a un precetto costituzionale, ma comporta una scelta di così alta discrezionalità da essere per ciò stesso riservata al legislatore, quale interprete del sentire della collettività nazionale”.

Ma che significa? 
Per capirlo, utilizziamo le parole della giornalista di repubblica, Liana Milella (link all'articolo in fondo al post): <<Dunque la Consulta fa un passo indietro. O meglio, si ferma sulla soglia di una decisione che, per la sua delicatezza, non può a suo avviso che essere politica. Perché “su temi così eticamente sensibili” non può che spettare al legislatore “di ponderare gli interessi e i valori in gioco, tenendo conto degli orientamenti maggiormente diffusi nel tessuto sociale in un determinato momento storico”
 
La Corte si è anche preoccupata del bambino e ha ritenuto che “la protezione del miglior interesse del minore in simili situazioni – oggi affidata dalla giurisprudenza all’attuale disciplina sull’adozione in casi particolari - può essere assicurata attraverso varie soluzioni, tutte compatibili con la Costituzione, che spetta sempre al legislatore individuare”.

In altri termini, come già detto, la Corte ha deciso di non decidere, rinviando al legislatore e alla sua discrezionalità la decisione della questione.
La 'palla', dunque, passa al Parlamento italiano, chiamato, ancora una volta, a legiferare su tale materia, per il bene dei bambini nati da coppie omosessuali e per l'uguaglianza sociale, senza che non vi siano più famiglie 'vere' e 'finte' e bambini senza tutela giuridica.
Parlamento che, ad oggi, non è riuscito a mettersi d'accordo in alcuno dei punti che tale questione solleva.

Per questo, anche se, in linea di diritto, potremmo anche essere d'accordo con la Corte Costituzionale per non aver voluto decidere una volta per tutte su tali materie, riconoscendo la competenza esclusiva del Parlamento, avremmo voluto che i Supremi Giudici, comunque, entrassero nel merito delle questioni sollevate dal Tribunale di Venezia, stabilendo e sancendo le incongruenze, criticità e mancanze di disciplina giuridica che potessero segnare il solco entro il quale il Parlamento avrebbe dovuto legiferare.

Ad oggi, concludendo, la questione è assolutamente rimasta irrisolta. La Corte non ha deciso nulla, il Parlamento non ha legiferato in materia e, dunque, la situazione è identica a prima.
Questo significa che il Tribunale di Venezia - e tutti gli altri Tribunali che verranno chiamati a decidere su tali questioni - dovrà fare da solo e decidere la singola questione sottoposta al suo giudizio, secondo interpretazione di legge.
 
Non ci resta che sperare per il meglio.
MduL 



Fonti:
Articolo "Consulta: decida il Parlamento sui figli di due mamme" di Liana Milella per repubblica.it del 21/10/2020;
Articolo "Consulta, serve una legge per i figli di due mamme" su huffingtonpost.it del 21/10/2020

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