Ultimo aggiornamento il 10 novembre 2024

"Gender Equality", la lezione della Svezia nella risposta dell'ambasciatore svedese, Robert Rydberg, al senatore della repubblica italiana Simone Pillon

Gender Equality (foto LetteraDonna)
_MduL, 16 febbraio 2019_

Ed eccoci qui, ancora una volta, a scrivere del Sen. Simone Pillon. La vicenda, questa volta, è assolutamente di nostro gradimento, infatti, riguarda la risposta ('piccata') che l'ambasciatore della Svezia si è sentito in dovere di dover dare al nostro senatore della repubblica, in merito alla questione dell'utero in affitto e, più in generale, alla questione di genere e di gestione dei diritti delle donne, per il perseguimento della cd "Gender Equality" (parità di genere).

Sen. Pillon (CorrieredellaSera)
Questi i fatti, così come sono stati narrati da Gianni Rosini nel suo articolo "Svezia vs Pillon, l’ambasciatore scrive al Fatto.it e replica alle accuse. A Stoccolma il femminismo è strategia di governo", scritto per ilfattoquotidiano.it lo scorso 14/02/2019 (link in calce al post).
Il Sen. Simone Pillon, in un convegno tenutosi i primi di questo mese, nel contesto del quale era stato chiamato ad esporre gli obiettivi e le caratteristiche del suo 'controverso' disegno di legge sull'affido condiviso, ha dichiarato che, in Svezia, “la gente si suicida come le mosche” a causa di scelte politiche che avrebbero portato alla disgregazione della famiglia tradizionale e alla conseguente perdita d’identità

L'ambasciatore Robert Rydberg (ildenaro.it)
A questo punto, l’ambasciatore svedese in Italia, Robert Rydberg, a nome del paese dallo stesso rappresentato, si è sentito giustamente in dovere di rispondere alle affermazioni fatte dal senatore Pillon, così come sopra riportate e lo ha fatto per mezzo di una lettera aperta inviata al ilfattoquotidiano.it.
Ecco a voi ciò che ha scritto l'ambasciatore.
“Il politico (Pillon, ndr) fa riferimento ai cosiddetti ‘uteri in affitto’. In Svezia, la gravidanza surrogata nella sanità pubblica o su base commerciale è proibita dalla legge – si legge – In Svezia è stata legalizzata la fecondazione assistita per donne single nel 2016. I dati suggeriscono che in quell’anno circa lo 0,2% delle gravidanze hanno avuto un esito positivo attraverso questa possibilità”.
In merito, poi, al presunto alto numero di sucidi in Svezia, scrive: “Secondo un mito che va avanti da tanto tempo, il tasso dei suicidi in Svezia è particolarmente elevato. Questa informazione, a cui fa riferimento il Senatore, non è corretta. In realtà siamo vicini alla media europea”. 
E conclude quindi scrivendo: “Inoltre, la Svezia viene considerata, nei vari ranking internazionali, tra i paesi migliori al mondo dove crescere i bambini. Diamo molta importanza al fatto che i genitori possano prendersi cura e passare molto tempo con i propri figli quando sono piccoli. Per questo motivo abbiamo uno dei congedi parentali più lunghi nel mondo, che viene praticamente sempre utilizzato. È anche previsto che i genitori abbiano la possibilità di rimanere a casa quando i bambini si ammalano, ricevendo l’80% del salario. L’amore per i nostri figli è un valore che abbiamo in comune con gli italiani”.
Queste le parole nel merito dell'ambasciatore, ma la parte più interessante arriva ora, con le riflessioni e le argomentazioni riportate dal giornalista Gianni Rosini, autore dell'articolo che stiamo riportando in questo nostro post. Scrive, infatti, Rosini: "Quello tra il Senatore Pillon e Stoccolma è lo scontro tra due concezioni opposte di famiglia: tra chi punta a rendere illegale l’aborto e un ordinamento che, invece, non contempla l’esistenza di medici obiettori di coscienza, tra chi si oppone alla fecondazione assistita e chi, invece, ha deciso di renderla legale, tra chi si fa promotore dei valori della cosiddetta “famiglia tradizionale” e un Paese dove i matrimoni omosessuali sono legali da dieci anni". 

Il Ministro Margot Wallström
E qui si arriva ad un altro punto di profondo interesse per noi, in quanto donne. Ribadisce Rosini, infatti, che il governo svedese è stato il primo al mondo, nel 2014, a lanciare un piano di “politica estera femminista” che, dopo quattro anni, ha portato l’esecutivo (che si è autodefinito "un governo femminista") e il ministro degli Esteri, Margot Wallström, a sostenere che “società con parità di genere godono di migliore salute, una più forte crescita economica e maggiore sicurezza. Inoltre, contribuiscono alla pace”. Ciò, in quanto, come sempre dichiarato dal ministro Wallström promuovere una politica estera femminista “vuol dire stare contro la globale e sistematica subordinazione delle donne”
Politica estera femminista che ha, come sua precipua prerogativa, un metodo di lavoro basato sulle tre R: “rights, representation e resources”, ovvero diritti, rappresentazione e risorse. 
* Rights/“diritti”: si intende il promuovere e affrontare le principali emergenze in materia di parità di genere, come la discriminazione e la violenza sulle donne. 
* Rappresentation/“rappresentazione”: si punta a garantire la presenza delle donne nei ruoli decisionali, sia pubblici che privati. 
* Resources/“risorse”: si intende la possibilità di distribuire equamente fondi e, appunto, risorse tra uomini e donne.
Insomma, "L’intento dichiarato è quello di improntare le politiche nazionali, anche in politica estera, al fine di “aumentare la visibilità di donne e ragazze come attori” internazionali, con l’obiettivo di azzerare disuguaglianza e discriminazione di genere. 
Politica estera femminile e suoi obiettivi che dovranno, poi, in ogni caso, fare i conti con il cd principio di “intersezionalità” che prende in considerazione il fatto che le persone nel mondo si trovano in condizioni di vita differenti, con bisogni e livelli di influenza diversi: “Ci sono ancora molte donne che non sono in grado di decidere chi sposare, con chi fare sesso o quando avere figli – ha dichiarato il ministro per la Cooperazione allo sviluppo internazionale, Isabella Lövin – Questo è assurdo”.
Certo, come è di tutta evidenza, tale impostazione femminista della politica estera ha portato e porterà diversi antagonisti, sia interni (alcune organizzazioni interne svedesi) che esterni alla Svezia (come l'Arabia Saudita ed Israele), ma tutte noi, in quanto donne e, per di più lesbiche, non possiamo che essere contente di tale forte impegno del paese lappone, sperando che riesca a fare da apri-pista ad altri paesi.
In Italia, realisticamente, speriamo possa almeno riuscire a fare da argine a questa deriva omofoba e maschilista di ritorno che ci sta investendo e che vede proprio nel senatore Pillon uno dei suoi massimi esponenti, almeno secondo noi.

MduL



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