Ultimo aggiornamento il 10 novembre 2024

Un omaggio a Mariasilvia Spolato, la donna morta sola e povera perché dichiaratasi lesbica negli anni settanta.

Mariasilvia Spolato fotografata nella casa di riposo di Bolzano da Lorenzo Zambello

Vogliamo scrivere queste righe per due motivi: il primo è per rendere omaggio ad una delle prime donne lesbiche italiane che, per aver avuto il coraggio di fare coming out nei primi anni settanta (si, avete letto bene, anni settanta, cioè meno di cinquant'anni addietro) è stata emarginata e negletta al punto da morire, sola, in una casa di riposo. Il secondo motivo, invece, riguarda tutte noi e vuole essere un monito per ricordare a tutte voi/noi, quanto sia lunga e difficile la battaglia per i diritti civili e quanto sia facile, troppo facile, retrocedere anche dalle poche conquiste fatte.
Ma passiamo alla storia di questa meravigliosa donna. La storia di Mariasilvia Spolato.
Di lei, grazie all'articolo di Chiara Pizzimenti per Vanityfair.it (link in fondo al post), sappiamo che era nata a Padova nel 1935 e morta lo scorso 31 ottobre in una casa di riposo di Bolzano.
Ma ciò che più conta è che sappiamo anche che lei, laureatasi con 110 e lode, fino al 1972 era docente di matematica ed era perfettamente integrata nella società, anzi, era molto attiva. A Milano aveva partecipato al 1968 e nel 1971 aveva fondato il FLO, Fronte di Liberazione Omossesuale, e la rivista Fuori. Firmava con il suo vero nome, rarità all’epoca, gli slogan: «Lesbiche uniamoci», «Donne, impariamo ad amarci tra noi», «Usciamo fuori».
Andava tutto bene fino all'8 marzo 1972, allorquando, in occasione dell'ennesima manifestazione femminista, la Spolato 'osa' mostrare liberamente la propria omossessualità con anche dei cartelli espliciti, cartelli che vengono fotografati e pubblicati dal settimanale Panorama.
Apriti cielo, la tanta eco avuta grazie a questa pubblicazione ha fatto sì che il Ministero dell’Istruzione ritenesse opportuno licenziarla in quanto «indegna» all’insegnamento (e questo, pur avendo manuali di matematica pubblicati da note case editrici). Come poteva, una donna di quegli anni permettersi non solo di essere lesbica, ma di esserlo pubblicamente? Tra le mura domestiche può anche andare bene, ma pubblicamente....
Ma non basta, non è solo il Ministero che la 'molla', licenziandola in tronco, ci si mette anche la sua stessa famiglia che non ci pensa due volte e l'abbandona (quale grave colpa essere lesbiche in quegli anni...). Infine, la sorte malvagia, non paga, fa si che Mariasilvia venga lasciata anche dalla donna che amava.
Ecco, quindi, che, senza più un lavoro e senza più affetti, la Spolato, pian piano, una volta finiti i soldi che aveva da parte, finisce per essere una clochard, senza fissa dimora e con una vita passata in strada, in diverse città italiane fino a quando, ricoverata per una grave infezione a una gamba, viene ricoverata, e poi accudita, nella casa di riposo di Bolzano, dove è morta.
Questo, il suo racconto alla rivista Jesus, così come riportato dall'articolo di Chiara Pizzimenti sopra citato: «Un giorno, con una scusa, mi hanno messo alla porta. Il mio schierarmi politicamente dava fastidio, ho perso così il posto, pian piano ho finito i soldi, e da lì sono cominciate le mie storie. Dormivo da amici, perché non ero più in grado di pagarmi l’affitto. Vagavo di qua e di là, di città in città. La mia casa erano diventati i treni. Ormai mi conoscevano controllori e macchinisti di mezza Europa. Posavo il capo dove capitava. Mangiavo quello che riuscivo a procurarmi».
Pensate, lei, laureata con il massimo dei voti in una disciplina, più che mai ai suoi tempi, quasi esclusivo appannaggio maschile, lei che aveva lottato e scritto un libro sulla liberazione sessuale e che aveva sempre manifestato, in prima persona, per le sue idee ed il suo modo di essere. Lei che ha passato anni girando per Bolzano alla ricerca di giornali e libri da leggere nel suo riparo, perché amava leggere, ascoltare musica e fotografare. Lei, Mariasilvia Spolato, morta sola e povera solo perché libera e pienamente consapevole del suo essere omosessuale in una società dove, ancora oggi, essere lesbiche, anche se non può più essere fonte di discriminazione, almeno sul lavoro, lo è ancora nei fatti ed in molteplici contesti.
Ecco, pensiamoci la prossima volta che ci viene voglia di considerare i - pochi - diritti acquisiti come inamovibili o perenni e, soprattutto, come dovuti, perché essi non lo sono per niente. Vanno (ri)conquistati ogni giorno e vanno difesi, oggi più che mai.

Rip in pace Mariasilvia, con l'affetto e la riconoscenza di tutte noi.
MduL


Fonti:
* Articolo "E' morta Mariasilvia Spolato prima italiana a dichiararsi omosessuale" di Cristina Nadotti per repubblica.it dell'8/11/2018;
* Articolo "La storia di Mariasilvia Spolato che per prima ha detto: «Io amo una donna»" di Chiara Pizzimenti per vanityfair.it del 9/11/2018

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