Foto tratta dall'Articolo "Joan, il bambino fantasma: per lo Stato non esiste perché è nato da due mamme" di C.Mastronicola ed E. Testi |
Non possiamo esimerci dal segnalare questa (incomprensibile) vicenda, così ben raccontata ed argomentata da Cristiana Mastronicola ed Elena Testi nel loro articolo "Joan, il bambino fantasma: per lo Stato non esiste perché è nato da due mamme", scritto per il sito dell'Espresso (espresso.repubblica.it).
Come si può evincere dal titolo, stiamo parlando del piccolo Joan, venuto al mondo il 27 dicembre scorso a Barcellona, in Spagna, da mamme italiane (una di esse ha donato l'ovulo e l'altra ha portato avanti la gravidanza) sposate in Spagna e iscritte all'Aire (Anagrafe italiani residenti all'estero) del capoluogo umbro (Perugia).
Sennonché, Sindaco di Perugia è Andrea Romizi, classe 1979, il quale, alla guida di una coalizione di centro-destra, formata dai partiti: Forza Italia, Nuovo Centrodestra, UDC, Fratelli d'Italia - Alleanza Nazionale e liste civiche Progetto Perugia e Perugia Domani, il quale, secondo noi, inopinatamente, ha negato al piccolo il riconoscimento giuridico in Italia.
Ma andiamo con ordine e vediamo cosa è successo.
Ma andiamo con ordine e vediamo cosa è successo.
Come detto, il bimbo è nato a fine dicembre 2016, a Barcellona, da due madri italiane, regolarmente iscritte all'Aire di Perugia.
Quindi, il primo febbraio di quest’anno, 2017, il Consolato italiano a Barcellona, in
conformità a quanto previsto dalle norme vigenti,
trasmette l’atto di nascita del bambino al Comune di Perugia perché si proceda alla sua registrazione.
Ma passano i mesi e nessuno risponde. L’attesa viene rotta solo da una richiesta di un documento mancante da parte dell'amministrazione comunale. Documento che, prontamente, le due mamme provvedono subito a spedire.
Fatto ciò, di nuovo silenzio assoluto da parte dell'amministrazione che, infine, dopo un altro bel po' di tempo, procede con una nuova richiesta di integrazione di documenti. Questa volta richiede alle due mamme il certificato di parto che specifichi chi
delle due abbia dato alla luce il piccolo. Documento che, nonostante si tratti di atto non
indispensabile per la trascrizione dell'atto di nascita e il
riconoscimento al diritto di esistere, viene lo stesso prontamente inviato dalla due mamme.
Si arriva così al 30 maggio, esattamente tre mesi dopo, quando l'ufficiale di Stato civile decide di rigettare la richiesta delle due donne, privando così un bambino, il piccolo Joan, dei suoi diritti. Bambino che ora, grazie a questa assurda decisione del comune, non risultando essere 'mai nato', diventa, a tutti gli effetti di legge un Apolide su suolo italiano e, come tale, privo dei fondamentali diritti spettanti ad un cittadino italiano, quali, l'iscrizione all'asilo, l'apertura di un libretto bancario per mettere da parte i soldi delle nonne, l'iscrizione all'asl per il pediatra ecc...
Si arriva così al 30 maggio, esattamente tre mesi dopo, quando l'ufficiale di Stato civile decide di rigettare la richiesta delle due donne, privando così un bambino, il piccolo Joan, dei suoi diritti. Bambino che ora, grazie a questa assurda decisione del comune, non risultando essere 'mai nato', diventa, a tutti gli effetti di legge un Apolide su suolo italiano e, come tale, privo dei fondamentali diritti spettanti ad un cittadino italiano, quali, l'iscrizione all'asilo, l'apertura di un libretto bancario per mettere da parte i soldi delle nonne, l'iscrizione all'asl per il pediatra ecc...
L'aspetto più assurdo della questione, non è tanto il legittimo affidamento fatto dalle due mamme sul nostro sistema giuridico, visto che, con le loro stesse parole, <<“Eravamo convinte che tutto sarebbe andato bene”. Nessuno, neanche l'avvocato assunto prima che il piccolo nascesse, poteva prevedere che il Comune rifiutasse di trascrivere un atto di nascita. “Di battaglie in tribunale ne sono state fatte in questi anni, ma speravamo che le ultime sentenze della Cassazione ci spianassero la strada spianata. O almeno la rendessero più semplice”. I giudici del Palazzaccio, in effetti, da qualche anno a questa parte, di fronte a casi simili, hanno sempre dato ragione alle coppie omogenitoriali, sancendo un principio semplice, quasi banale: “Trascrivere un atto di nascita, regolarmente formato all'estero, non va contro l'ordine pubblico”. E quindi contro quell'insieme di norme fondamentali dell'ordinamento giuridico riguardanti principi etici.>>
L'aspetto più assurdo è la posizione - assolutamente illegittima ed incostituzionale - tenuta dalla amministrazione comunale di Perugia e, per essa, dal suo sindaco Romizi, il quale, pur essendo avvocato, sembra non abbia alcuna intenzione di riaprire la questione, trincerandosi dietro una posizione alquanto indifendibile. Sostiene, infatti, che le statuizioni della Cassazione non sono da considerarsi legge.
Non discetteremo, qui, su questo punto perché la questione da affrontare presuppone dei tecnicismi giuridici non consoni alla sede, ma teniamo a ribadire che financo l'avvocatura del Comune ha spedito un parere direttamente al primo cittadino, con il quale consigliava di fare “un passo indietro” e di procedere alla trascrizione dell'atto di nascita di Jeon, perché la posizione presa davanti ad un eventuale giudice sarebbe “indifendibile”.
Perché è di questo che si sta parlando. Ad oggi, in Italia, non è permesso a due mamme riconoscere il loro bambino. E ciò non è permesso nè facendo riferimento alle norme interne perché non ci sono (è stata approvata la legge cd Cirinnà e la giurisprudenza di stato ormai è quasi conforme nel riconoscimento dei figli alle coppie omogenitoriali, ma manca una disciplina giuridica e ciò permette ai sindaci, tipo Romizi, di piegare alle sue - basse - mire politiche la sorte di un piccolo nato da due mamme (o papà), nè alle norme esterne.
In merito alle norme interne, ricordate?, se ne è tanto parlato ai tempi dell'agoniata approvazione della legge Cirinnà sulle Unioni Civili, legge che, come tutte sappiamo, è stata infine approvata solo grazie al taglio operato sulla adozione dei figli nati. Conclusione, ancora oggi siamo senza uno straccio di normativa che regolamenti la questione. Perché, non confondiamoci, per i bimbi nati da coppie omogenitoriali, non vi è alcun riconoscimento e/o adozione possibile. Non vi è, infatti, una legge che regoli la filiazione per i bambini nati da coppie dello stesso sesso. Ciò che viene previsto è al massimo un'adozione da parte del partner, la cosiddetta stepchild adoption. Una battaglia durata mesi in parlamento ma che si è risolta in un nulla di fatto. I bimbi nati da coppie omogenitoriali, dunque, non possono contare su una adozione piena, avendo un legame diretto solo con il genitore.
Per ciò che riguarda, invece, l'applicazione delle norme esterne, ciòè di altri regolamenti, come nel caso della richiesta di trascrizione dell'atto di nascita del piccolo Joan correttamente redatto in Spagna. Anche in questo caso siamo alla mercè dei nostri amministratori e politici. Il diritto internazionale privato, in merito, parla chiaro: unico limite ad un'evantuale trascrizione è la violazione dell'ordine pubblico italiano. E la giurisprudenza superiore, oltre che il buon senso, in più occasioni si è espressa ritenendo la trascrizione dell'atto di nascita di un bambino nato dagli stessi genitori, come un atto che in alcun modo lede l'ordine pubblico.
Insomma, ancora oggi siamo in attesa di una normativa che possa regolamentare il settore, per far in modo che, anche in futuro, alcuni Sindaci (secondo noi, assolutamente ed irrimediabilmente ignavi), non possano più piegare alle loro basse e pregiudizievoli motivazioni politiche la sorte e la vita di un bambino.
Ciò detto, per una lettura molto più snella e completa della questione, si rinvia all'articolo citato in premessa e qui richiamato:
"Joan, il bambino fantasma: per lo Stato non esiste perché è nato da due mamme" di Cristiana Mastronicola ed Elena Testi, per il sito dell'Espresso (espresso.repubblica.it)
Ecco fatto. Ora lo sappiamo tutte. Facciamoci sentire.
MduL
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