Vi segnaliamo il film "In Between-Libere, disobbedienti, innamorate" (titolo originale del film "Bar Bahar"), della regista Maysaloun Hamoud e di produzione israelo/francese, premiato a Toronto, al San Sebastian ed al Haifa Film Festival ed uscito nelle sale italiane l'altro ieri, 6 aprile 2017, con il titolo "Libere disobbedienti innamorate".
Lo segnaliamo non solo perché, come vedremo in seguito, è presente un personaggio lesbico, ma anche, e soprattutto, perché, da donne, vogliamo dare testimonianza del nostro sostegno alla regista Maysaloun Hamoud (nata a Budapest, in Ungheria, e cresciuta in israele) ed alle tre attrici protagoniste del film (Shaden Kanboura, Sana Jammalieh e Hana Mouna) che devono affrontare una fatwa da parte della cittadina palestinese di Umm al-Fahm, con tanto di minacce di morte per tutte loro e con il divieto del sindaco - diretto soltanto alle donne - di vedere questo film, per non commettere haram, cioè peccato.
Lo segnaliamo non solo perché, come vedremo in seguito, è presente un personaggio lesbico, ma anche, e soprattutto, perché, da donne, vogliamo dare testimonianza del nostro sostegno alla regista Maysaloun Hamoud (nata a Budapest, in Ungheria, e cresciuta in israele) ed alle tre attrici protagoniste del film (Shaden Kanboura, Sana Jammalieh e Hana Mouna) che devono affrontare una fatwa da parte della cittadina palestinese di Umm al-Fahm, con tanto di minacce di morte per tutte loro e con il divieto del sindaco - diretto soltanto alle donne - di vedere questo film, per non commettere haram, cioè peccato.
E tutto questo perché il film, ambientato all'interno della comunità palestinese di Tel Aviv, vede come protagoniste queste tre donne che non accettano di essere sottomesse agli uomini!. Tre giovani ostinate e coraggiose per una riflessione a cuore aperto sull'indipendenza femminile.
La trama, infatti, è presto detta.
Tre ragazze palestinesi, fuggite alle origini, condividono un appartamento a Tel Aviv, considerata dagli israeliani liberale e aperta alle alterità, al riparo dallo sguardo della società araba patriarcale. Leila è un avvocato penalista che preferisce la singletudine al fidanzato, rivelatosi presto ottuso e conservatore. Salma è una DJ stigmatizzata dalla famiglia cristiana per la sua omosessualità. Noor è una studentessa musulmana osservante originaria di Umm al-Fahm, città conservatrice e bastione in Israele del Movimento islamico. Noor è fidanzata con Wissam, fanatico religioso anaffettivo che non apprezza l'emancipazione delle coinquiline della futura sposa. Ostinate e ribelli, Leila, Salma e Noor faranno fronte comune contro le discriminazioni in quanto donne e palestinesi, procedendo a testa alta dentro un film che non risparmia loro nulla, nemmeno lo stupro...
Ecco, dunque, che questo film diventa importante ed oggetto di riflessione. Riflessione le cui basi possiamo iniziare a porre, riportando qui, ora pedissequamente, parte della recensione al film "Tutta la potenza sovversiva della donna nel ritratto di una generazione disorientata, alla ricerca di libertà, gelosa della propria identità", scritta da
Marzia Gandolfi, lo scorso 6 aprile, per il sito MYmovies.it:
<< Israeliani ebrei e israeliani arabi, laici e religiosi, cristiani e musulmani, nessuno si senta escluso. Lo spettro del patriarcato, dal simbolico al doloso, si incarna progressivamente nei padri come nei fidanzati, predatori frustrati imprevedibili. Colte tra due mondi, la cultura araba musulmana tradizionale e quella ebraico israeliana, le protagoniste si sono lasciate alle spalle interdizioni familiari, comunità religiose e società conservatrici per ritagliarsi un'esistenza nuova e costruirsi una vita sociale a misura dei loro desideri e delle loro volontà. Bar Bahr, il titolo originale, in arabo tra terra e mare, in ebraico né qui né altrove, traduce il disorientamento (meta)fisico di una generazione, quella dei giovani arabo-israeliani che in Israele sono uno su cinque, emancipata dalla propria cultura per adottarne una occidentale. Una generazione che non sa più se appartiene al mare o alla terra. Una generazione, ancora, alla ricerca di libertà che prova a preservare il cuore della propria identità.
È Noor a impersonare meglio delle altre lo iato, con gli sguardi
affamati di vita sotto l'hijab, il velo islamico che non preclude la
corsa della ragazza incontro alla modernità. La regressione nel film è
appannaggio degli uomini, guardiani (ipocriti) dell'ordine morale che
tradiscono un bisogno di controllo che quando sfugge volge in violenza.
Gineceo deciso a deporre l'autorità patriarcale, In Between resiste con le sue eroine, accompagnandole, proteggendole, incoraggiandole, desiderando quello che desiderano loro lungo le rispettive linee di fuga. E l'energia drammatica del film riposa sulle scintille prodotte dal confronto delle personalità piuttosto che sull'inventiva della sceneggiatura. Alla denuncia, Maysaloun Hamoud preferisce l'empatia, alla messa alla gogna la conversazione intima. L'autrice incarna i tabù e si concentra sul quotidiano degli israeliani arabi, offrendo ai palestinesi un corpo altro e fiero, che condivide con quello ebraico le stesse tribolazioni, gli stessi problemi finanziari e sociali, la stessa città, lo stesso Paese. Un Paese pieno di contraddizioni a cui tutti partecipano.
Gli israeliani ebrei non fanno che qualche apparizione nel film: la commessa di un negozio che guarda con rimprovero Leila e Salma, il manager hipster di un ristorante che proibisce a Salma di parlare arabo o il titolare di un locale dietro al bancone incapace di identificare l'accento arabo di Salma. Attraverso un corpo collettivo superbamente femminile, fluido e cangiante, In Between ripiega in un appartamento da cui apre e chiude una battaglia contro i corsetti morali. Un'isola domestica in cui convivono tre identità distinte con distinti destini alla mano. Destini appesi a un'ultima sigaretta e gravati sugli sguardi distanti. Dentro un finale ammutolito e una terrazza separata, dove la regista isola le sue eroine per guardare da presso un paese, le sue violenze e le sue ineguaglianze. >>
Sana Jammelieh nella parte di Salma |
Tre ragazze palestinesi, fuggite alle origini, condividono un appartamento a Tel Aviv, considerata dagli israeliani liberale e aperta alle alterità, al riparo dallo sguardo della società araba patriarcale. Leila è un avvocato penalista che preferisce la singletudine al fidanzato, rivelatosi presto ottuso e conservatore. Salma è una DJ stigmatizzata dalla famiglia cristiana per la sua omosessualità. Noor è una studentessa musulmana osservante originaria di Umm al-Fahm, città conservatrice e bastione in Israele del Movimento islamico. Noor è fidanzata con Wissam, fanatico religioso anaffettivo che non apprezza l'emancipazione delle coinquiline della futura sposa. Ostinate e ribelli, Leila, Salma e Noor faranno fronte comune contro le discriminazioni in quanto donne e palestinesi, procedendo a testa alta dentro un film che non risparmia loro nulla, nemmeno lo stupro...
Mouna Hawa nella parte di Leila |
<< Israeliani ebrei e israeliani arabi, laici e religiosi, cristiani e musulmani, nessuno si senta escluso. Lo spettro del patriarcato, dal simbolico al doloso, si incarna progressivamente nei padri come nei fidanzati, predatori frustrati imprevedibili. Colte tra due mondi, la cultura araba musulmana tradizionale e quella ebraico israeliana, le protagoniste si sono lasciate alle spalle interdizioni familiari, comunità religiose e società conservatrici per ritagliarsi un'esistenza nuova e costruirsi una vita sociale a misura dei loro desideri e delle loro volontà. Bar Bahr, il titolo originale, in arabo tra terra e mare, in ebraico né qui né altrove, traduce il disorientamento (meta)fisico di una generazione, quella dei giovani arabo-israeliani che in Israele sono uno su cinque, emancipata dalla propria cultura per adottarne una occidentale. Una generazione che non sa più se appartiene al mare o alla terra. Una generazione, ancora, alla ricerca di libertà che prova a preservare il cuore della propria identità.
Shaden Kanboura nella parte di Noor |
Gineceo deciso a deporre l'autorità patriarcale, In Between resiste con le sue eroine, accompagnandole, proteggendole, incoraggiandole, desiderando quello che desiderano loro lungo le rispettive linee di fuga. E l'energia drammatica del film riposa sulle scintille prodotte dal confronto delle personalità piuttosto che sull'inventiva della sceneggiatura. Alla denuncia, Maysaloun Hamoud preferisce l'empatia, alla messa alla gogna la conversazione intima. L'autrice incarna i tabù e si concentra sul quotidiano degli israeliani arabi, offrendo ai palestinesi un corpo altro e fiero, che condivide con quello ebraico le stesse tribolazioni, gli stessi problemi finanziari e sociali, la stessa città, lo stesso Paese. Un Paese pieno di contraddizioni a cui tutti partecipano.
Gli israeliani ebrei non fanno che qualche apparizione nel film: la commessa di un negozio che guarda con rimprovero Leila e Salma, il manager hipster di un ristorante che proibisce a Salma di parlare arabo o il titolare di un locale dietro al bancone incapace di identificare l'accento arabo di Salma. Attraverso un corpo collettivo superbamente femminile, fluido e cangiante, In Between ripiega in un appartamento da cui apre e chiude una battaglia contro i corsetti morali. Un'isola domestica in cui convivono tre identità distinte con distinti destini alla mano. Destini appesi a un'ultima sigaretta e gravati sugli sguardi distanti. Dentro un finale ammutolito e una terrazza separata, dove la regista isola le sue eroine per guardare da presso un paese, le sue violenze e le sue ineguaglianze. >>
La regista: Maysaloun Hamoud |
A riprova di quanto sopra esposto da
Marzia Gandolfi, le affermazioni estratte dall'intervista alla regista Maysaloun Hamoud riportata dal settimanale Gioia: "L'elemento che cratterizza tutte le società conservatrici è
l'ipocrisia", afferma la regista Hamoud e prosegue, "spesso sotto la
copertura del buon nome della religione si compiono azioni atroci. Ma
anche molti uomini che si dichiarano laici aderiscono ai modelli di
oppressione, soprattutto nei confronti delle donne" e conclude "Il
sistema maschilista che eiste da sempre - e non soltanto in Medio
Oriente - ci ha portato a una situazione di conflitto e di arretratezza.
Ma le donne hanno diritto di decidere il loro destino e avviare una
nuova era".
Vero, verissimo ed è per quello che, nel nostro piccolo microcosmo, vogliamo contribuire segnalando il suo film.
Insomma, un film, secondo noi, da vedere, a prescindere dalla presenza in esso del personaggio lesbico di Salma...
MduL
Fonti:
- Articolo "Il mio film, vietato alle donne" di Paola Casella per il settimanale "Gioia!" n.14 15/04/2017;
- Articolo "Tutta la potenza sovversiva della donna nel ritratto di una generazione disorientata, alla ricerca di libertà, gelosa della propria identità", scritto da Marzia Gandolfi, lo scorso 6 aprile, per il sito MYmovies.it (link nel testo del post)
MduL
Fonti:
- Articolo "Il mio film, vietato alle donne" di Paola Casella per il settimanale "Gioia!" n.14 15/04/2017;
- Articolo "Tutta la potenza sovversiva della donna nel ritratto di una generazione disorientata, alla ricerca di libertà, gelosa della propria identità", scritto da Marzia Gandolfi, lo scorso 6 aprile, per il sito MYmovies.it (link nel testo del post)
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