Ultimo aggiornamento il 4 maggio 2024

La conoscenza serve alla difesa: ecco chi sono i "Custodi dell'Ortodossia Cattolica" - (3) Massimo Introvigne

(da sito tralaltro.it)
Due settimane fa abbiamo iniziato a parlarvi di questo più o meno variegato movimento dei 'Custodi dell'Ortodossia Cattolica' che tante pagine e servizi ai Tg, haimè, sta occupando. Abbiamo parlato delle 'Sentinelle in piedi', degli altri movimenti, dei partiti politici che avallano queste posizioni omofobe e retrive (per chi scrive, ovviamente) ed abbiamo avuto modo di vedere vita ed opere del primo degli esponenti di tale movimento: Mario Adinolfi (di questo Post, se vi interessa, potete trovare il link in fondo al testo). La settimana scorsa, invece, abbiamo parlato di un'altro esponente di spicco di tale movimento, Costanza Mariano. Passiamo ora ad un'altro esponente di spicco di tale movimento che, pur non facendo parte dei cd 'quattro moschettieri': Adinolfi, Mariano, Scicchitano e padre Botta (perchè è così che si fanno chiamare!) e comunque, haimè, molto importante. Stiamo parlando di Massimo Introvigne.

(3) MASSIMO INTROVIGNE

 
(da it.wikipedia.org)
Dalla pagina di Wikipedia (link in fondo al post), si apprende che Massimo Introvigne (Roma, 14 giugno 1955) è un sociologo, filosofo e scrittore italiano. Sposato, con quattro figli, è fondatore e direttore del "Centro Studi sulle Nuove Religioni" (CESNUR), rete internazionale di studiosi di nuovi movimenti religiosi e Rappresentante per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, con un’attenzione particolare alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni nell'ambito dell'OSCE [E Vi prego di porre attenzione all'oggetto sociale di tale Centro Studi!!]. Dal giugno 2012 è coordinatore dell'"Osservatorio della Libertà Religiosa" costituito dal Ministero degli Esteri italiano in collaborazione con Roma Capitale. Dalla fine del 2010 collabora al quotidiano in rete "La Bussola Quotidiana".
Introvigne, oltre ad essere anche membro della sezione di Sociologia della Religione dell'Associazione Italiana di Sociologia, ed autore di oltre sessanta libri, tra i quali l'Enciclopedia delle religioni in Italia, e centinaia di articoli nel campo della sociologia della religioni, è anche un consulente in proprietà industriale, specializzato in proprietà intellettuale. Egli, infatti, oltre ad essere stato fra i fondatori dello studio legale Jacobacci & Associati di Torino, specializzato in diritto della proprietà intellettuale, di cui è tuttora consulente, è socio della società Jacobacci & Partners, che si occupa del deposito di marchi e brevetti. 
Dal punto di vista prettamente politico, Introvigne è reggente nazionale vicario della associazione "Alleanza Cattolica" ed uno dei membri fondatori del "think tank Fondazione Res Publica", promosso nel 1999 da Silvio Berlusconi e strettamente connesso al partito Il Popolo della Libertà. Introvigne è stato anche membro dell'Unione dei Democratici Cristiani e Democratici di Centro (UDC) da cui però ha preso le distanze dal 2008. 
Nel febbraio 2010 è stato nominato tra i diciannove membri del "Comitato per l'Islam Italiano", costituito con funzioni consultive, in relazione alle questioni attinenti alla presenza in Italia di minoranze islamiche, presso il Ministero dell'Interno.
Questi, dunque, i suoi incarichi e le sue competenze, sui quali è inutile soffermarsi. Basta far presente che quest'uomo, in ogni caso, ci ha rappresentato e ci rappresenta nei rapporti con le altre religioni e con altri paesi: aiuto! (commento e sfogo assolutamente personale, che come tale va interpretato). 
Tra le critiche 'strumentali' (perché appaiono scritte dallo stesso Introvigne, ma potrei sbagliarmi, per carità) che sono state riportate sulla pagina wikipedia, appare meritevole di essere riportata solo quella relativa alle critiche portate avanti da Introvigne nel 2007 contro il documentario del senatore e attivista per i diritti gay irlandese Colm O'Gorman dal titolo "Sex crimes and the Vatican", verso il quale Introvigne ha versato fiumi di parole in numerosi articoli sui quotidiani Avvenire, Il Foglio, Il Giornale che poi ha pubblicato sul del CESNUR. Ebbene, alcuni critici hanno obiettato che, più che come ricercatore indipendente, questa dovrebbe essere la definizione da darsi nel contesto del suo lavoro al CESNUR, Introvigne appare qui come un difensore militante della Chiesa cattolica. 
Introvigne ha replicato che, se certo egli non fa mistero del suo essere cattolico, la critica del documentario è stata condotta con argomenti rigorosamente laici, che fanno riferimento a errori di fatto. 
Si prega di prestare attenzione all'inciso riportato in corsivo "la critica al documentario è stata condotta con argomenti rigorosamente laici"!! Inutile commentare.  
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(da documoo.tv)

Ma veniamo ora a noi con le cose serie.  E vediamo nel dettaglio ciò che, haimè, nostro malgrado ci interessa: il Massimo Intravigne pensiero. A tal fine, vediamo subito come Massimo Introvigne esprime il suo pensiero nell'articolo/intervista "Introvigne: "Le nozze gay frutto della dittatura del relativismo" di Giacomo Galeazzi per il sito "Vaticaninsider" della Stampa (link in fondo al post) che qui riporto integralmente.
<< Il matrimonio tra persone dello stesso sesso è già legale in 14 Paesi. Sulla scia del presidente Cei Bagnasco il sociologo Massimo Introvigne, già rappresentante Ocse, ritiene che «la famiglia non può essere umiliata e indebolita da rappresentazioni similari che in modo felpato costituiscono un vulnus progressivo alla sua specifica identità, e  che non sono necessarie per tutelare diritti individuali in larga misura già garantiti dall’ordinamento".
    - Professore, tre anni fa da arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio attribuì la legge sul matrimonio gay alla "invidia del demonio che confonde e inganna i figli di Dio". Lei ritiene "cattolicamente accettabile" un compromesso che ammetta le unioni civili senza usare la parola matrimonio?
"Il problema non è solo né tanto un’incertezza dottrinale su quanto il Magistero insegna in materia di unioni omosessuali. Per molti – anche per tanti «conservatori», tanti dirigenti cattolici, tanti sacerdoti, forse perfino qualche vescovo – le incertezze dottrinali non ci sono, ma il problema è che in cuor loro hanno ceduto al mito illuminista del progresso e del carattere ineluttabile di certe «conquiste» moderne, un mito che lega la verità al tempo e che è il pilastro stesso di quella «dittatura del relativismo» di cui, sulla scia di Benedetto XVI, ha parlato anche Papa Francesco. Si sono convinti che la storia avanzi in modo lineare, che la rivoluzione contro la castità prematrimoniale, l’aborto, il matrimonio omosessuale, l’eutanasia – domani l’aborto post-natale – siano il risultato di processi «irreversibili». Il treno è partito e avanza in modo lineare e ineluttabile. Al massimo – com’è accaduto per ora in Italia sul tema delle unioni omosessuali – può essere fermato in stazione per un po’, ma poi riprende la sua marcia. Chi pensa diversamente è vittima, per dirla con Papa Francesco, di quella «mondanità spirituale» che perde la fiducia in Dio e segue le vie e il consenso del mondo, e di quella disperazione storica che, ci spiega il Pontefice, viene effettivamente dal diavolo".
    - Varie voci della gerarchia ecclesiastica (come il porporato belga Danneel, l'arcivescovo di Curia Marini e il cardinale austriaco Schoenborn) si sono espressi a favore di una soluzione di compromesso che legittimi un' unione civile per persone dello stesso sesso. Esiste una "fronda" pro nozze gay nell'episcopato?
"Occorre distinguere le questioni dottrinali da quelle di teoria dell’azione. La dottrina è quella esposta dal cardinale Bagnasco, e da numerosi documenti del Magistero. La teoria dell’azione porta un certo numero di cattolici, i quali dal punto di vista dottrinale dovrebbero essere, e molte volte sono, d’accordo con il Magistero, compresi alcuni prelati, a chiedersi se – da un punto di vista strategico – le unioni civili non possano essere un «male minore» rispetto al «male maggiore» rappresentato dal matrimonio e delle adozioni omosessuali. Personalmente ritengo che l’esperienza di tanti Stati, a partire dalla Francia e dalla Gran Bretagna, mostri che le leggi sulle unioni civili non sono un’alternativa ma sono l’apripista alle leggi sul matrimonio e le adozioni omosessuali. Prima si fa passare la legge sulle unioni civili – magari «venduta» agli oppositori come alternativa a quella sul matrimonio e le adozioni – e dopo qualche anno si trasformano le unioni civili in matrimoni. I vari PACS, DICO e unioni civili sono quelle «rappresentazioni similari» alla famiglia che il cardinale Bagnsco vigorosamente rifiuta e non sono semplici riconoscimenti dei diritti individuali".
    - Esiste una "santa alleanza" tra confessioni cristiani e gli altri monoteismi a difesa del matrimonio e dalla famiglia tradizionale?
"Ci sono, anche in Italia – penso a iniziative in corso in Sicilia –, feconde collaborazioni fra cristiani e protestanti soprattutto di matrice cosiddetta «evangelicale» e pentecostale, così come ci sono in Paesi dell’Est con le Chiese ortodosse, e anche con ambienti ebraici (Benedetto XVI citò il rabbino Bernheim, le cui idee rimangono interessanti a prescindere dalle successive controversie sulle sue qualifiche accademiche, che lo hanno portato a dimettersi da Rabbino Capo di Francia) e musulmani".
    - Il matrimonio omosex è anche un'arma ideologica impugnata dalla cultura laicista contro la fede?
"Penso che le collaborazioni su questo tema tra cattolici ed esponenti di altre comunità cristiane e religioni derivino appunto dal fatto che l’ideologia del gender, come Benedetto XVI spiegò nel  discorso alla Curia Romana del 21 dicembre 2012, implica la pretesa prometeica dell’uomo di «farsi da sé», di negare che esista una natura umana, e l’affermazione che possiamo inventarci come meglio preferiamo la nostra identità e il nostro modello di famiglia. Ma negare la natura significa negare che esista un Dio Creatore: «Dove la libertà del fare – diceva Benedetto XVI – diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso». Per questo l’ideologia del gender è una sfida mortale per le religioni. Il cardinale Bergoglio, che come sappiamo è molto sensibile al tema dell’azione del demonio del mondo, attribuì questa negazione della natura umana all’«invidia del demonio». E nel dialogo con il rabbino argentino Abraham Skorka parlò di un «regresso antropologico» determinato dall’ideologia di genere e dai tentativi di assimilare le unioni omosessuali al matrimonio, un’espressione molto forte ma del tutto consonante con il discorso del 2012 di Benedetto XVI. Il documento fondamentale è costituito dalle Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, un testo del 3 giugno 2003 della Congregazione per la Dottrina della Fede sottoscritto dall’allora prefetto di quella Congregazione, il cardinale Ratzinger, ma approvato speciali modo e sottoscritto dal Papa, il beato Giovanni Paolo II, il che lo rende come sappiamo parte del Magistero pontificio". >>
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(liceofaadibruno.wordopress.com)

Altra perla del Massimo Introvigne pensiero la troviamo invece in un suo articolo dal titolo "Torino, intimidazioni gay a una scuola cattolica", scritto per La Nuova Bussola Quotidiana nel 2013 e riportato dal sito "lamadredellachiesa" (link in fondo al post). Eccolo - parole proprio sue -:
<<Ci avevano raccontato che non bisogna preoccuparsi della legge sull’omofobia: nelle chiese e nelle scuole i cattolici saranno liberi di continuare a presentare la loro dottrina. Le bugie, però, hanno le gambe corte. A Torino, un clamoroso episodio approdato sulle prime pagine di tutti i giornali locali mostra come la tolleranza sia intesa dagli attivisti omosessuali a senso unico.
L’Istituto Faà di Bruno, fondato dal beato Francesco Faà di Bruno, è una delle più antiche scuole cattoliche piemontesi. Da anni organizza incontri formativi privati per i genitori dei suoi alunni. Quest’anno tre incontri dovevano essere dedicati all’omosessualità, con relatori noti ai nostri lettori tra cui Chiara Atzori e Mauro Ronco. Il primo incontro era in programma l’8 novembre. In qualche modo l’invito è arrivato agli attivisti omosessuali torinesi, e si è scatenata la guerra.
Le organizzazioni LGBT hanno iniziato con gli insulti e le minacce via Facebook. Poi quattro consiglieri comunali PD e SEL hanno scritto al sindaco, chiedendo che alla scuola fosse revocata la convenzione comunale che riguarda il suo asilo.
Poi gli attivisti gay hanno scritto anche all’Arcivescovo di Torino con un tono fra il suadente e il minaccioso. Infine, si sono mobilitati i giornali «amici» – «La Repubblica» in testa – invocando dalla prima pagina delle edizioni torinesi immediati provvedimenti contro la scuola «omofoba».
Il crescendo di minacce ha finalmente indotto l’istituto cattolico a sospendere l’iniziativa, per «non trasformare un pacifico incontro privato di genitori in una guerra», pur «rivendicando il diritto di continuare a proporre liberamente l’insegnamento del Magistero della Chiesa e del “Catechismo” su questi temi».
Il comunicato del Faà di Bruno ricorda che «come credenti, il nostro punto di riferimento è il “Catechismo della Chiesa Cattolica”, più volte indicato da Papa Francesco come “strumento fondamentale con cui la Chiesa comunica il contenuto intero della fede” (enc. “Lumen fidei”, n. 46).
Dal “Catechismo” impariamo da una parte il dovere di accogliere le persone omosessuali “con rispetto, compassione, delicatezza”, evitando “ogni marchio di ingiusta discriminazione” (n. 2358), dall’altra che gli “atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati” e “in nessun caso possono essere approvati” (n. 2357)». «Siamo una scuola cattolica – prosegue il comunicato -.
Sappiamo che coniugare l’accoglienza cordiale di tutti con la lealtà alla verità che la Chiesa ci insegna ad amare non è sempre scontato né facile. Ma proprio qui sta la bellezza della nostra vocazione di educatori cattolici, e questo cerchiamo d’insegnare ai nostri ragazzi».
In serata sulla vicenda è intervenuto con un suo comunicato anche l’Arcivescovo di Torino, affermando che la Diocesi «esprime apprezzamento per la posizione» del Faà di Bruno, e chiede che s’instauri un clima dove «a nessuno sia consentito di esercitare “censure preventive”» su certi temi e su chi è chiamato a trattarli.
La Diocesi loda la decisione di sospendere l’iniziativa «per non alimentare contrapposizioni artificiose e strumentali», «mantenendo invece ben fermo l’impegno» a continuare la riflessione sui temi della famiglia e della sua difesa.
L’Arcivescovo Nosiglia ribadisce pure che «la scuola cattolica ha il diritto-dovere di educare ai valori fondamentali» «secondo la legge naturale illuminata dalla Parola di Dio e dal l’insegnamento della Chiesa».
L’episodio è gravissimo, ma anche istruttivo. Conferma l’intolleranza degli attivisti gay, (sottolineatura messa da me) per cui su queste materie si può esprimere solo chi manifesta opinioni «politicamente corrette», mentre agli altri va impedito di parlare con ogni mezzo, dall’intimidazione al ricatto. Già prima che sia approvata la legge sull’omofobia, figuriamoci dopo.
Non tutto il male, però, viene per nuocere, o – come si dice – il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Il mondo cattolico torinese si è stretto intorno al Faà di Bruno, che ha ricevuto attestati di solidarietà da decine di associazioni, sacerdoti, semplici fedeli, esponenti politici.
Come sempre accade, c’è stata anche qualche voce dissonante. Luigi Vico, presidente della FISM (Federazione Italiana Scuole Materne) di Torino, ha dichiarato a «La Repubblica» – citando, al solito, a sproposito il «Chi sono io per giudicare i gay?» del Papa – che i genitori delle scuole materne «verranno invitati a non partecipare» e che lui è del tutto contrario a queste iniziative.
Vico, oltre che della FISM, è esponente dell’area PD. Credeva, con la sua dichiarazione, d’ingraziarsi «La Repubblica». Ma aveva fatto i conti senza l’oste. Perfidamente, «La Repubblica» ricorda che fra tre giorni il Consiglio Comunale di Torino, dove la sinistra ha una salda maggioranza, dovrà pronunciarsi sulla riconferma dei contributi alla FISM. Finalmente, tutto è chiaro: si tratta di quattrini, e anche Vico tiene famiglia. Altro che «Chiesa povera per i poveri».>>

Ora, sorvolando sull'attacco frontale a Luigi Vico (fossi stata in lui avrei sicuramente sporto denuncia per diffamazione), si prega di prestare attenzione, oltre che alle assurde argomentazioni, ai toni di questo suo articolo. Ogni altro commento appare superfluo.
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Matteo Renzi (arcigay.it)

Infine, per concludere, un suo più recente articolo, del giugno 2014, sul Presidente del Consiglio Matteo Renzi e la sua intenzione di promuovere e far passare i matrimoni gay (ma magari!!!). L'articolo di Introvigne che si riporta si intitola "Renzi e la pillola di Mary Poppins" ed è stato pubblicato sul sito lanuovalq.it (link in fondo al post) - anche in questo caso, dunque, parole sue. In questo caso, poi, evidenzio solo le parti evidenziate da lui stesso - :
<<Per coincidenza, ogni volta che Renzi in tema di unioni omosessuali comincia a parlare in inglese e a proporre la «civil partnership» capita sempre che mi trovi in Inghilterra. A Londra, che è anche la città di Mary Poppins, la bambinaia dotata di poteri magici creata da Pamela Travers (1899-1996). I libri della Travers, e ancora di più il film della Disney su Mary Poppins, sono del tutto godibili e raccomandabili ai bambini, che certo non sono in grado di capire il retroterra culturale dell'autrice. Ma leggendo tra le righe si scopre che la storia è anche una grande metafora del metodo esoterico, come del resto è sempre stato confermato dall'autrice, discepola diretta dell'esoterista George Ivanovich Gurdjieff (1866?-1949). Ecco allora che emerge un'altra Mary Poppins, strega moderna e simpatica che convince i bambini - e gli adulti - a fare cose che non vorrebbero fare tramite la magia di parole senza senso, ma che suonano bene, come la famosa «supercalifragilisticexpiralidoso», e un metodo paziente, di antica derivazione massonica, semplificato nella formula «con un poco di zucchero la pillola va giù».
     Il metodo con cui Matteo Renzi sta propinando agli italiani la pillola delle unioni omosessuali sembra proprio quello di Mary Poppins, con passaggi raffinati che sembrano elaborati in officine un po' più esperte di quelle dei boy-scout. Su questo giornale sono stati, e certo saranno ancora, analizzati i passaggi giuridici e politici della proposta di Renzi. Da sociologo, vorrei invece riflettere sulla sua strategia di propaganda, che prevede per fare ingoiare la pillola il ricorso a tre tipi di zucchero.
     Il primo conferma sia l'efficacia delle mobilitazioni popolari, sia il modo astuto e sofisticato con cui le officine che ispirano Renzi pensano di contenerle. Sì alla famiglia, Manif pour Tous, Sentinelle in piedi, e anche questa testata hanno creato una grande mobilitazione popolare contro il DDL Scalfarotto sull'omofobia e le sue norme liberticide, che manderebbero in galera chi «incitasse alla discriminazione» contro gli omosessuali, per esempio sostenendo che le loro unioni non hanno alcun diritto a riconoscimenti giuridici. L'estate scorsa, lo stesso Scalfarotto aveva spiegato a «L'Espresso» che l'itinerario prevedeva prima la legge sull'omofobia e poi quella sulle unioni omosessuali. 
     Ma qui si vede la differenza fra il semplice dilettante abile come Scalfarotto e i professionisti della disinformazione veramente esperti. Non piace la legge sull'omofobia? Il governo del boy scout Renzi non è sordo al grido di dolore che viene dalle piazze. Infatti rimanda la legge sull'omofobia e con una piroetta spettacolare passa direttamente alle unioni civili. Si tratta anche di un esito delle elezioni: la maggioranza di Renzi è così bulgara da potersi permettere qualche protesta in piazza. Beninteso, l'accantonamento del DDL Scalfarotto va inteso come provvisorio. Dopo le unioni civili verrà fatta passare anche la legge sull'omofobia. Ma Renzi mette la torta prima della ciliegina, sperando di spiazzare gli oppositori (che faranno bene a non cascarci).
     Secondo tipo di zucchero: parlare preferibilmente di modello tedesco piuttosto che di modello inglese. Perché nel 2013 in Inghilterra l'ipocrisia è caduta e si è deciso di chiamare francamente le «civil partnership» fra omosessuali «matrimoni», mentre in Germania la parola «matrimonio» non c'è ancora, a causa dell'opposizione di una parte della Democrazia Cristiana, quella bavarese e cattolica.
    Ma qui l'officina, per quanto esperta, fa le pentole ma non i coperchi, perché perfino Repubblica ci spiega che la proposta di Renzi è praticamente uguale all'originaria «civil partnership» inglese, e la cosa scappa detta ogni tanto anche al Presidente del Consiglio. Ecco allora il terzo tipo di zucchero, sparso a velo in quantità massicce: la distinzione fra «civil partnership» e «matrimonio omosessuale», che viene  – per dire il meno –  grandemente esagerata. Risentiamo perfino la vecchia canzone – che non si porta più in nessuna parte del mondo, ma ogni tanto rispunta in qualche sagrestia cattolica in Italia – secondo cui la «civil partnership» sarebbe l’alternativa al «matrimonio» omosessuale e il politico cattolico che, accettando la «civil partnership», ribadisse però il suo no al «matrimonio» fra persone dello stesso sesso starebbe in qualche confuso modo difendendo la famiglia.
     Il Civil Partnership Act 2004 é una legge britannica sottoscritta dalla Regina il 18 novembre 2004 ed entrata in vigore il 5 dicembre 2005. Si riferisce esclusivamente a coppie dello stesso sesso, cui garantisce gli stessi diritti e impone gli stessi doveri che due coniugi di sesso diverso assumono con il matrimonio. Un articolo della legge permette a una coppia sposata di un uomo e di una donna dove, dopo il matrimonio, uno dei coniugi ha cambiato sesso  (un tema, come sappiamo, che appassiona i nostri giudici), di formalizzare lo stesso giorno il loro divorzio e la loro nuova «civil partnership» come omosessuali.
     I due omosessuali che hanno contratto «civil partnership» acquistano tutti i diritti che la legge britannica concede ai coniugi. La dissoluzione della «civil partnership» è disciplinata in modo identico al divorzio. Le coppie omosessuali in «civil partnership» possono adottare i bambini e hanno nei confronti dei bambini adottati diritti esattamente identici a quelli di una coppia di coniugi formata da un uomo e da una donna. Il modello di Renzi è del tutto analogo a quella inglese, salvo alcuni limiti - provvisori, come ha spiegato Scalfarotto - per le adozioni.
     La legge di Renzi ha un sapore di zucchero inglese anche quando prescrive che la cerimonia in municipio sia simile a quella del matrimonio civile di un uomo e di una donna. In Inghilterra la parte della legge sulle «civil partnership» relativa alle cerimonie è stata oggetto di un confronto, anche nei tribunali, molto più accanito delle norme sulle pensioni o sulle proprietà. Un sociologo ne capisce facilmente il perché. Se la cerimonia di «civil partnership» è identica al matrimonio, tutti si abituano a considerare la «civil partnership» un matrimonio. Nella «civil partnership» la legge non solo permetteva, ma imponeva che tutto fosse uguale al matrimonio. E di fatto – il costume seguendo e completando la legge – c’erano gli abiti bianchi, lo scambio degli anelli, la musica, la torta nuziale.
     Il risultato era facilmente prevedibile anche dai non sociologi. Nel linguaggio comune, e anche sui giornali attenti a fare economia di parole, scrivere che il signor Smith e il signor Jones si sono «civil-associati» suona male e dopo un po’ viene a noia. Dire che il signor Jones è il «partner» del signor Smith non ha un significato univoco: i due potrebbero essere semplicemente soci d’affari, e l’equivoco potrebbe essere imbarazzante. Così, come si poteva prevedere, dopo pochi mesi il linguaggio ha vinto, come fa sempre, la sua battaglia contro l’ipocrisia, i media si sono adeguati, e tutti hanno cominciato a parlare e a scrivere del «matrimonio», «wedding», fra i signori Smith e Jones e del signor Jones come «marito» del signor Smith. Se i diritti e i doveri erano gli stessi del matrimonio, se la cerimonia era uguale a quella del matrimonio, se perfino la torta e gli anelli erano gli stessi perché persistere in inutili formalismi e in un linguaggio anacronistico?
     Rimaneva solo il tocco finale: adeguare le leggi al linguaggio e alla realtà e cambiare il nome da «civil partnership» a «matrimonio». È quanto è avvenuto in Inghilterra con il Marriage (Same Sex) Couples Act votato dal Parlamento il 15 luglio 2013. Una legge molto semplice: si trattava sostanzialmente di cambiare il nome a qualche cosa che esisteva già. Certo, i nomi hanno la loro importanza ma in effetti a suo tempo «Repubblica» ha dedicato più spazio alla legge del 2013 di molti quotidiani britannici. In Inghilterra molti erano convinti che i «matrimoni» omosessuali ci fossero già, e da anni.
     Sarà così anche da noi: [MA MAGARI!!! Commento mio, assolutamente avulso dal contesto ma necessario e liberatorio!!...] prima le «unioni civili» saranno fatte digerire anche ai cattolici con l'aiuto degli zuccheri di Renzi, poi i giornali cominceranno a chiamare i «civil-uniti» marito e marito e moglie e moglie, e alla fine una leggina porrà fine all'ipocrisia chiamando «matrimonio» quello che di fatto lo era già.
     Si sussurra che siano in fase di studio anche zuccheri specializzati per palati fini ecclesiastici. A settembre, in concomitanza con le unioni civili, Renzi farebbe passare qualche elemosina per le famiglie e magari anche per le scuole cattoliche, tacitando chi fra i suoi minaccia di rivedere la disciplina dell'otto per mille, ma non senza spiegare agli ecclesiastici quanta fatica gli costa difendere i loro portafogli. L'occhio acuto di qualche ecclesiastico dietro la carota vedrebbe subito il bastone, e qualcuno capirebbe per tempo l'antifona cominciando a spiegare ai fedeli - anzi, c'è chi ha già cominciato - che è meglio non disperdersi in battaglie di retroguardia e che occorre difendere la stabilità del governo in nome dell'Europa, del lavoro, dei poveri, dello spread e soprattutto dell'otto per mille. Altro che boy-scout.>>
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Ecco fatto. Dispiace aver dovuto dilungarsi così tanto sul Massimo Introvigne pensiero, ma si ritiene assolutamente necessario perché quest'uomo ed il suo pensiero, haimé, è espressione di tutto il movimento catto-ortodosso che tanto sta facendo e lottando per bloccare ogni e qualsiasi diritto (addirittura il riconoscimento) dei diritti (e) delle persone glbt. E questa è omofobia, comunque si tenti di mascherarla. 
La prossima settimana parleremo invece del terzo dei 'quattro moschettieri': padre Maurizio Botta.
Stiamo attente, dunque, e non abbassiamo mai la guardia.  
MduL


Articoli riportati in questo Post ed altri link utili:
- Articolo "Introvigne: "Le nozze gay frutto della dittatura del relativismo" di Giacomo Galeazzi per il sito "Vaticaninsider" della Stampa
- Articolo "Torino, intimidazioni gay a una scuola cattolica" di Massimo Introvigne per La Nuova Bussola Quotidiana sul sito "lamadredellachiesa"
- Articolo "Renzi e la pillola di Mary Poppins" ed è stato pubblicato sul sito lanuovalq.it
- Pagina Wikipedia su Massimo Introvigne;

- Post MduL "La conoscenza serve alla difesa: ecco chi sono i "Custodi dell'Ortodossia Cattolica" - (1) Mario Adinolfi";
- Post MduL "La conoscenza serve alla difesa: ecco chi sono i "Custodi dell'Ortodossia Cattolica" - (2) Costanza Mariano";

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